Pensioni, platea più ampia per l’uscita senza penalità

Pensioni, platea più ampia per l’uscita senza penalità
di Andrea Bassi
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Mercoledì 14 Settembre 2016, 08:10 - Ultimo aggiornamento: 15 Settembre, 07:52

Il cantiere della riforma delle pensioni non è ancora chiuso. A mettere un freno ad un accordo, fino a ieri dato ormai per fatto, è stato il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso. «Mi pare molto difficile che il 21 possa essere l’incontro conclusivo», ha detto ieri il segretario della Cgil. «Spero almeno che possa essere l’incontro in cui ci saranno comunicate finalmente le risorse». Una dichiarazione nella quale c’è molta tattica in vista del vertice politico con il governo previsto per mercoledì prossimo, sul quale invece si è detta ottimista la leader della Cisl Anna Maria Furlan. Il punto è che su alcune questioni rilevanti il negoziato non è finito. A partire, appunto, da quanti soldi il governo è disposto a mettere sul tavolo della trattativa. Per ora Palazzo Chigi avrebbe indicato come risorse possibili un paio di miliardi di euro. I sindacati chiedono che l’asticella arrivi almeno a 2,5 miliardi. Un punto di caduta potrebbe essere una via di mezzo, tra i 2,2 e i 2,3 miliardi. I soldi in più, almeno nelle intenzioni dei sindacati, dovrebbero servire a risolvere proprio gli ultimi nodi rimasti sul tavolo. «Ci sono due grosse questioni da risolvere», spiega Domenico Proietti, segretario confederale della Uil, «la vicenda dei lavoratori precoci e l’innalzamento dell’asticella dell’Ape sociale». Partiamo da questo secondo punto. 

L’ASTICELLA
Per il governo la soglia di reddito lordo sotto la quale il rimborso del prestito delle banche per anticipare la pensione fino a 3 anni e 7 mesi per chi si trova in situazioni di disagio, dovrebbe essere fissato a 1.500 euro. Si tratta, in sostanza, di meno di 1.200 euro netti al mese. Già così strutturata la misura avrebbe un costo di circa 400 milioni di euro l’anno. I sindacati chiedono che la soglia di esenzione sia alzata almeno fino a 1.650 euro lordi di reddito, in modo da ricomprendere tutti coloro che guadagnano fino a 1.250 euro netti di pensione. Inoltre vorrebbero anche che si allargasse la platea di coloro che hanno diritto a ricevere il rimborso integrale delle rate da parte dello Stato. L’Ape sociale, nelle intenzioni del governo, si applicherebbe ai disoccupati di lungo corso, ai disabili o ai lavoratori con disabili a carico, e a chi ha carichi familiari importanti e redditi bassi. La richiesta è quella di aumentare le categorie includendo diversi tipi di lavori usuranti, come i macchinisti, gli infermieri, gli edili e le maestre d’asilo. 

L’altro punto sul quale i sindacati non vogliono retrocedere, riguarda, come detto, la questione dei lavoratori precoci, quelli che hanno iniziato la loro attività molto giovani, ancora da minorenni. Di certo, per adesso, c’è l’intesa di cancellare le penalizzazioni economiche previste dalla riforma Fornero (tra l’1% e il 2% l’anno) che in base alla riforma Fornero avrebbero colpito chi dal 2018 chi accede alla pensione prima dei 62 anni, e quindi tipicamente chi ha iniziato a lavorare presto. 

LO SCONTO
Ma i sindacati chiedono anche un’altra misura. Uno sconto contributivo tra i due e i tre mesi, per ogni anno lavorato prima dei diciotto anni. In alternativa di portare da 42 anni a 41 anni il livello massimo di contributi da versare per poter accedere al pensionamento. Il problema è che anche in questo caso si tratta di misure costose. 

Sugli altri punti del pacchetto, invece, non ci sarebbero grossi problemi. La decisione di allargare la platea di coloro che percepiscono la quattordicesima mensilità ad un altro milione e ducentomila pensionati, è vista positivamente. Così come la promessa di portare la «no tax area», ossia l’area di esenzione fiscale, circa al livello di quella dei lavoratori dipendenti, ossia a 8.100 euro.

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