Mediaset, guerra aperta. Confalonieri: «Con Vivendi non vogliamo trattare»

Mediaset, guerra aperta. Confalonieri: «Con Vivendi non vogliamo trattare»
di Luca Cifoni
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Domenica 18 Dicembre 2016, 10:27 - Ultimo aggiornamento: 20 Dicembre, 12:38
ROMA Guerra aperta. Chi pensava che il breve viaggio in Italia di Arnaud de Puyfontaine potesse portare a qualche forma di disgelo nella contesa per il controllo di Mediaset era fuori strada. Non solo l'incontro con Pier Silvio Berlusconi non ha portato a nessuna novità, ma l'intervista rilasciata dal Ceo di Vivendi al Corriere della Sera ha decisamente irritato il Biscione che ora medita di procedere per vie legali anche per alcune espressioni giudicate diffamatorie. Si tratta in particolare di giudizio dato su Mediaset Premium, giudizio che implicitamente, dal punto di vista francese, dovrebbe spiegare il cambiamento di idea rispetto agli accordi già raggiunti: «È come se ci avessero invitato a cena in un ristorante a tre stelle e poi ci siamo trovati in un Mc Donald's» ha detto de Puyfontaine. «Le gravi affermazioni troveranno adeguata replica nelle sedi più appropriate» hanno replicato in una nota da Cologno. Dove non è piaciuto nemmeno il fatto che i francesi abbiano deciso di uscire allo scoperto con queste modalità, dopo un incontro che avrebbe dovuto essere riservato. Per di più, la poco lusinghiera definizione della pay tv di Mediaset - al di là dei toni offensivi - viene ritenuta un indizio della scarsa affidabilità della controparte, visti tutti gli approfondimenti che erano stati fatti in vista dell'intesa dello scorso aprile.

CANALI CHIUSI
Dunque al momento non sembrano esserci altri canali diplomatici attivi; la guerra è aperta e dopo l'offensiva borsistica dei francesi il principale fronte resta quello giudiziario. In attesa del 21 marzo, data della prima udienza della causa civile intentata contro Vivendi, nei prossimi giorni potrebbe arrivare la richiesta di un sequestro cautelativo delle azioni Mediaset in mano ai francesi. Insomma il colosso televisivo italiano resta fermissimo nella sua posizione, chiedendo il rispetto del contratto che era stato sottoscritto. La linea l'ha data ieri direttamente Fedele Confalonieri. «Questa è una scalata ostile non solo dal nostro punto di vista ma anche dal punto di vista della politica e sotto questo punto di vista ci ha fatto molto piacere il sentirci appoggiati anche dalle istituzioni, perché si è capito che c'è della sostanza, qui non c'è in gioco solo l'italianità e l'inno di Mameli, ma anche l'interesse nazionale» ha detto il presidente di Mediaset, apprezzando quindi le prese di posizioni del governo ed in particolare del ministro Calenda, che mercoledì aveva fatto uscire un comunicato dai toni piuttosto duri e venerdì ha poi incontrato lo stesso de Puyfontaine per ribadirgli faccia a faccia la posizione dell'esecutivo.

Confalonieri ha anche ricordato le tappe della vicenda ed in particolare il deprezzamento del titolo sul quale si è poi innestato il rastrellamento da parte francese. Ed ha respinto le argomentazioni usate dal Ceo di Vivendi: «I fatti sono che avevamo un contratto e non lo hanno rispettato. Adesso dire che quel contratto fosse sbagliato è assurdo, sbagliato su che cosa? Hanno fatto loro le due diligence quindi dovevano accorgersi se c'erano cose che non andavano. Quindi - ha concluso - il pretesto per dire siamo stati imbrogliati, o dire qualcosa che ci somiglia molto, è un pretesto veramente campato per aria».

I TETTI DI LEGGE
Al momento è anche difficile immaginare che la questione possa essere affrontata su un piano diverso, a livello governativo. Il governo italiano non ha in mano strumenti di intervento diretti e lo sbarramento più forte (anche se tutto da verificare nelle modalità concrete) è quello opposto dall'Autorità per le comunicazioni, che ha ricordato come un controllo congiunto di Telecom e Mediaset potrebbe infrangere il tetto previsto per legge nell'ambito del Sic, il sistema integrato delle comunicazioni.

Sul piano politico ieri la vicenda Mediaset ha dato lo spunto al leghista Roberto Calderoli per chiedere di inserire «una clausola di salvaguardia dell'interesse nazionale in tutti i trattati nazionali o comunitari».