Competizione femminile? Oggi non è più Eva contro Eva

Dalle nemiche invidiose o rivali “vampire” alle semplici concorrenti. Come le sciatrici Goggia e Brignone, che ribaltano i cliché sulla competizione. La sociologa Peruzzi: «Manca ancora una pluralità di modelli»

Una scena del film "Eva contro Eva"
di Maria Lombardi
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Mercoledì 24 Gennaio 2024, 10:15 - Ultimo aggiornamento: 25 Gennaio, 07:28

Non più nemiche-nemiche, odiose e odiate, guerriere agguerrite e sleali pronte a sfoderare unghie, denti e anche tranelli. Eva contro Eva, per intenderci.

Le rivali del film di Joseph L. Mankiewicz (era il 1950) condannate a comportarsi da vampire per arrivare al successo. E nemmeno amiche per forza, figlie della sorellanza anni Settanta, chi primeggia può danneggiare le altre, meglio la conciliazione che la vittoria. O antagoniste tormentate dall’invidia, alla perenne ricerca di conferme ed occhi (maschili), specchio delle mie brame, alla Biancaneve. 
Ma finalmente e semplicemente concorrenti, coinvolte in una sana e virtuosa gara, come lo sport insegna. Sulla scia delle campionesse e compagne di squadra Sofia Goggia e Federica Brignone. Le sciatrici che hanno mostrato che si può rivaleggiare senza cattiveria e sgambetti, migliorando nel confronto e demolendo una montagna di stereotipi sulle donne a disagio nella competizione. Sofia e Federica non si amano, non si odiano, non si insultano ma si rispettano. Amiche mai, ma nemmeno nemiche. Niente più polemiche e battutine velenose, e ce se sono state in passato. Si alternano sul podio, ognuna seguendo la sua pista. La “gara” tra di loro le fa crescere.
Rivali leali, anche. Come Emilia Rossatti, campionessa di scherma e di fair play. Lo scorso aprile, ai campionati italiani Under 23 di spada, ha rinunciato all’assalto nei 17 secondi finali dopo l’infortunio dell’avversaria Gaia Traditi. Non le piace vincere facile. 
Le campionesse ci provano a fare da apripista ed offrire nuovi modelli. Sofia e Federica alla prima vittoria condivisa. «Lo sport è un ambiente molto particolare in cui il fattore competizione è esplicito. Ed è molto importante che il cambiamento avvenga lì, dove il corpo è sulla scena perché sul corpo si costruiscono la maggior parte degli stereotipi, è quello il luogo che fa da attrattore a cliché negativi», Gaia Peruzzi è sociologa, docente di Media, genere e diversità alla Sapienza di Roma. «Si sta creando un nuovo immaginario, e questo è fondamentale. Ma ci vuole tempo per cambiare perché, se ci pensiamo, da migliaia di anni siamo abituati ad esaltare la competizione degli uomini, dagli eroi agli agoni. La competizione fisica alle donne non era proprio concessa. Da quando ci siamo abituati a vedere le donne competere fisicamente nell’agone pubblico è cominciata la rivoluzione».
Lo sport corre, evviva. Ma come va nel resto delle gare, quelle che si affrontano in politica, nelle aziende, nelle istituzioni, nelle università, nello spettacolo, dove le donne sono sempre di più? Il festival di Sanremo schiera quest’anno una squadra di fuoriclasse, combattive e piene di energia (Annalisa, Emma, Angelina Mango, Alessandra Amoroso, Fiorella Mannoia, Clara, Loredana Bertè, BigMama, Rose Villain). E nei 76 Paesi che quest’anno andranno alle urne, sono tante in corsa per la premiership o la presidenza. 
Eva non è più tra noi? «In passato la narrazione è stata esclusivamente al maschile. Non a caso quello stereotipo è stato proposto da un film girato da un uomo. Si tratta di una falsa prospettiva dovuta alla mancanza di diversità di modelli», spiega la sociologa. «Sono ancora troppe poche le donne in ruoli apicali per essere abituati a vederle interpretare stili femminili differenti, nella rivalità come nella leadership. Donne diverse hanno diversi stili: ci può essere la competitiva, la carismatica o la solidale. Ma l’assenza ai vertici è stata tanto forte in passato da aver impedito che si creassero abbastanza modelli differenziati. Ci si è concentrati allora sullo stile di abbigliamento o sul corpo femminile oggetto di attenzione continua o su un modello di femminilità non solidale». E in che fase ci troviamo? Tra Eva e Sofia? «Una fase di transizione in cui la parità è lontana. In Italia nessuna organizzazione l’ha ancora raggiunta. Per demolire gli stereotipi servono molte più donne al comando e una pluralità di modelli che ancora non c’è».
E l’invidia? «Un sentimento tipicamente femminile», tra i topos più abusati. «Effettivamente esistono diverse modalità espressive in cui l’invidia si manifesta.

Gli uomini risolvono questo sentimento attraverso il fare, sono più aperti ed espliciti nell’esprimere odio verso l’avversario. Le donne sono maggiormente inclini alla competizione, ma restano più nella dimensione dell’essere», la psicologa Aurelia Gagliano ha curato e pubblicato uno studio statistico sui diversi comportamenti rispetto a questo sentimento all’interno di una scuola. E non è detto che sia solo un male, basta trasformarla. «Accogliere la carica energetica dell’invidia può essere una bella opportunità anche per essere più dolci verso noi stessi, concentrandoci sul potenziamento di altre risorse», suggerisce la psicologa. «Si supera l’invidia imparando ad essere attivo e prendersi la responsabilità dei risultati». Come hanno fatto Sofia e Federica, superando paletti e curve, seguendo ognuna la propria scia, più forti e sicure. E vinca la migliore.

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