Teramo: crac milionario, pugno duro
della Procura, chiesti 24 anni

Il commercialista Tancredi
di Anja Cantagalli
3 Minuti di Lettura
Sabato 16 Gennaio 2016, 10:16
TERAMO - Più di cinque ore di requisitoria e una richiesta complessiva di condanna di 24 anni per gli imputati del processo-bis a Curti e Di Pietro. Pugno duro della procura di Teramo per il procedimento stralcio sul crac milionario: il sostituto procuratore Irene Scordamaglia, in duecento pagine, ha spiegato perché gli imputati, tra cui il commercialista Carmine Tancredi, debbano essere condannati. Insieme al socio di studio dell'ex Governatore Gianni Chiodi (del tutto estraneo alla vicenda) per cui il pm ha chiesto la condanna a tre anni, ci sono: Antonio Zacchei (chiesti quattro anni e sei mesi), Marco Paolo D'Anastasio (4 anni), Maurizio Di Pietro (chiesti anche per lui 4 anni), Guido Curti (3 anni e 6 mesi) Loredana Cacciatore (3 anni) e Luciano Seghetti (2 anni). La condanna complessiva chiesta dalla procura, ammonta a 24 anni. Di Pietro e Curti, già condannati a sei anni in primo grado per bancarotta fraudolenta nel fascicolo portante dell'inchiesta, in questo procedimento devono rispondere solo di reati fiscali.

I RUOLI - Gli altri sono tutti amministratori di fatto o di diritto in diversi periodi delle diverse società al centro del crack da 20 milioni di euro, tranne Tancredi, personaggio di spicco del processo-bis e commercialista dei due imprenditori per un certo periodo, accusato di concorso in bancarotta. Nella sua lunga requisitoria, il sostituto procuratore Scordamaglia ha sottolineato il ruolo del commercialista: "Senza il suo appoggio personale, l'illecito non si sarebbe concretizzato - ha affermato - Era il consulente globale di Curti e Di Pietro e non si limitò a dare consigli". Già negli atti d'accusa, la procura aveva messo nero su bianco quella che era la propria valutazione attorno al ruolo di Tancredi: "Non solo forniva a Di Pietro Maurizio e Curti Guido concreti consigli e suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a dissimulare le somme di denaro sottratte alle ragioni dei creditori della Dtf, indicando loro la Colombo fiduciaria di Lugano, ed indirizzandoveli". Ma la procura contesta al commercialista il ruolo avuto nelle società cipriote, sodalizi che controllavano al 99% la Kappa Immobiliare e la De Immobiliare Srl che avevano sede legale, per l'accusa, nello studio commerciale di Tancredi e che sono state confiscate perché, secondo la procura, sono il forziere dei soldi distratti da Curti e Di Pietro con la bancarotta. 

LE ECCEZIONI - Nel corso del processo è stato ascoltato lo stesso Carmine Tancredi. Sempre durante la fase dibattimentale il suo legale, Gennaro Lettieri, aveva chiesto la nullità del capo di imputazione o, in alternativa, la regressione del processo a carico del commercialista ad udienza preliminare. Questo perché, secondo il legale, la modifica operata nel capo d'imputazione da parte della procura nel corso del processo, ne prefigurava un nuovo fatto per cui Tancredi non aveva potuto chiedere un rito alternativo o indagini difensive. La richiesta però venne rigettata dal collegio dei giudici presieduto da Franco Tetto (Pompei e Umbriano a latere). Il primo febbraio tocca alle difese e sarà battaglia 
© RIPRODUZIONE RISERVATA