L’analisi/ La grande occasione per l’intero Abruzzo

La vittoria dell'Aquila come "Capitale italiana della cultura 2026"

Piazza palazzo addobbata con il logo di Capitale italiana della Cultura 2026
di Angelo De Nicola
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Venerdì 15 Marzo 2024, 14:32

Non ha la valenza del collegamento veloce Roma-Pescara, ma il “treno” della Capitale della Cultura rappresenta per L’Aquila e per l’Abruzzo una grande occasione, forse l’ultima, per lanciare una regione che ha tanto, tutto, ma finisce col raccogliere poco.
A dispetto prima dell’emergenza per il sisma del 2009 e poi di quella Covid, L’Aquila e l’Abruzzo si trovano al centro di una congiuntura favorevole irripetibile.

L’Unesco ha concesso, nel 2019, il riconoscimento quale “Patrimonio immateriale dell’Umanità” alla Perdonanza Celestiniana; alla Transumanza e all’Alpinismo. Per tutti e tre questi macro-temi, ora all’attenzione del mondo, l’Abruzzo è baricentrico: la Perdonanza si tiene all’Aquila e ne è sua la identità; la Transumanza, poi, vede l’area montana, che per secoli ha prosperato grazie al sistema proto-industriale della pastorizia, come punto di partenza dei pastori transumanti; L’Aquila, infine, è la “capitale degli Appennini” potendo vantare, appunto, il Gran Sasso, la vetta più alta della catena e la più a Sud d’Europa con i suoi quasi tremila metri di altitudine.

Non solo. E’ alle viste l’anno giubilare del 2025: si calcola che 39 milioni di pellegrini accorreranno a Roma e L’Aquila, è ormai acclarato, vanta il primo Giubileo della Storia con la Bolla del Perdono emanata nel 1294 (dunque, sei anni prima del Giubileo indetto da Bonifacio VII nel 1300) da Papa Celestino V. Primato esaltato dalla visita (epocale ma, almeno finora, non messa a frutto come meritava), nel 2022, di Papa Francesco il quale ha lanciato il brand di «L’Aquila capitale di perdono, di pace e di riconciliazione» e concesso il privilegio, per tutto il 2024, di lucrare l’indulgenza ogni giorno presso la basilica di Collemaggio quasi fosse una naturale preparazione al Giubileo del 2025.

Se aggiungiamo il G7 che si terrà a Pescara nell’autunno prossimo, non è peregrino parlare di un Abruzzo “caput mundi” per un triennio, da oggi appunto al 2026.


Sta alla classe politica e dirigente cogliere la grande occasione elaborando i progetti giusti e lungimiranti, magari declinando i pensieri in abruzzese e non in campanili. “Treni” simili non passeranno più.

Angelo De Nicola

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