Prende a calci la figlia davanti alla scuola: condannato a 9 mesi

Prende a calci la figlia davanti alla scuola: condannato a 9 mesi
di Alfredo d'Alessandro
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Martedì 5 Marzo 2024, 07:59

Fu spintonata e, una volta caduta a terra, venne presa a calci dal padre che così le provocò lesioni guaribili in dieci giorni. Per questo episodio un uomo di 55 anni (del quale non pubblichiamo il nome per tutelare la vittima) ieri è stato condannato a 9 mesi di reclusione, pena sospesa, e al risarcimento dei danni alla parte civile da liquidare in separato giudizio. La vittima, cioè la figlia, assistita dall’avvocato Barbara Belisario, non era in aula, così come il padre. La sentenza è del giudice monocratico del Tribunale di Chieti, Maurizio Sacco, il pubblico ministero Roberta Capanna aveva chiesto la condanna a due anni. La difesa, con l’avvocato Placido Pelliccia, ha annunciato ricorso in appello. Le motivazioni saranno depositate fra 15 giorni. I fatti si sono verificati a Chieti nell’ottobre del 2021, vicino alla scuola frequentata dalla ragazza che all’epoca aveva 17 anni ed era collocata in una casa famiglia.

La ragazza sta aspettando di entrare nell’istituto superiore ed è con una compagna di scuola quando, ad un certo punto, arriva il padre che dopo averla raggiunta la spintona, la fa cadere terra e la prende a calci. Quindi va via. L’aggressione si verifica in una giornata piovosa di ottobre, probabilmente ad animare il padre è una sorta di risentimento causato da una precedente denuncia della figlia: «Mi stai facendo passare parecchi guai» avrebbe detto l’uomo rivolgendosi alla figlia.

La compagna di scuola che era con lei in quel momento diventa l’unica testimone.

La 17enne, fradicia, entra in classe ma nell’immediatezza non racconta nulla di ciò che le è accaduto e a quanto pare nessuno fra i docenti ed i compagni di scuola nota in lei alcunché che faccia pensare a ciò che le è appena accaduto. Solo alcune ore più tardi una delle insegnanti, vedendola disattenta, si avvicina e chiede cosa le sia accaduto e così l’alunna racconta di essere stata picchiata dal padre. Allertata la casa famiglia, la ragazza viene portata in pronto soccorso, dove le vengono riscontrate alcune ecchimosi nei punti del corpo nei quali la ragazza dice di essere stata colpita.

La difesa nel processo ha cercato di dimostrare, producendo un tracciato del Gps relativo al giorno dell’aggressione, che l’imputato è estraneo ai fatti. L’uomo infatti lavora con una ditta di servizi, insieme ad un collega: un’attività che richiede la presenza di entrambi sullo stesso automezzo (su sui è installato il sistema Gps), anche se con compiti diversi e che quel giorno non vi sono state anomalie nel servizio. Ma, soprattutto, la difesa punta su un altro elemento: quella scuola è frequentata da alcune centinaia di alunni, era il momento di entrare, possibile che nessuno abbia visto l’aggressione che, in fondo, si sarebbe consumata a poche decine di metri dall’ingresso principale dell’edificio scolastico? La partita giudiziaria a questo punto si sposta in Appello.

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