Hendrix, a 44 anni dalla morte il genio resta un idolo

Jimi Hendrix
di Enrico Gregori
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Giovedì 18 Settembre 2014, 12:28 - Ultimo aggiornamento: 19 Settembre, 18:55
Il blues facile da suonare, ma difficilissimo sentirlo dentro. Facile per lui, probabilmente, perché Jimi Hendrix con la chitarra in mano era capace di impensabili acrobazie, ma era anche speciale nel far sembrare ricche e preziose le cose più semplici.



Anche lui, in ossequio alla cosiddetta maledizione del 27, se ne è andato il 18 settembre del 1970, quando non aveva ancora compiuto 28 anni. E' morto in una lussuosa residenza inglese, nulla a che vedere con la modesta casetta di Seattle da dove si era mosso anni prima in cerca di fortuna.

Furono in molti a prevedere per lui una fortuna certa. Fin da quando, giovanissimo, nero e sempre mancino, imbracciava la sua Stratocaster come chitarrista session in vari gruppi.



Poi decise di mettere in piedi una band tutta sua, gli Experience. E con Noel Redding e Mitch Mitchell iniziò a girare il mondo fino a capitare proprio a Londra. In alcuni locali il trio cominciò a mettere in piedi performance esplosive. La loro musica era già quel misto di blues, rock e psichedelia capace di catturare l'attenzione. Anche in negativo, ovviamente. Attratti dalle voci in merito a “un chitarrista nero, mancino e indemoniato”, una volta capitarono in un locale Jeff Beck (degli Yardbirds) e Pete Townshend (dei Who). Beck, sicuramente prodigioso chitarrista, rimase a dir poco scandalizzato vedendo Hendrix suonare. “Ma che roba è! - esclamò – Non si tratta una chitarra in quel modo”. Townshend sorrise e rispose: “A me piace, e vedrai questo matto dove arriva”.



E poi ci pensò Chas Chandler, ex bassista degli Animals diventato brillante talent scout. Impressionato da Hendrix, ottenne immediatamente ingaggi e contratto discografico. Così il primo album «Are you experienced?» irruppe nel mondo musicale con un messaggio molto preciso: «Da oggi la chitarra si suona così».



In effetti ci furono subito valanghe di proseliti. Ma anche maestri della chitarra elettrica che rimasero fedeli al loro stile, come Eric Clapton, Jimmy Page o Peter Green, non poterono non ammettere che Hendrix costituiva davvero una svolta impressionante.



Probabilmente di lui sono molto famose le performance iconoclaste, come incendiare la Stratocaster sul palco o suonarla con i denti. Ma questa teatralità è solo spettacolo. La musica di Hendrix, dipanata in una manciata di dischi “in vita” e in una valanga di incisioni postume, racconta di un artista eclettico, innovativo, inimitabile.



Brani come “Purple Haze”, “Stone free”, “Foxy Lady” entrarono immediatamente nella storia del rock per esserne tuttora leggenda. Basta vedere filmati di concerti epici, come Monterey, Woodstock e Wight. Jimi Hendrix, sia con gli Experience che con la Band of Gipsies non mancava mai. E con lui era sempre grande rock.



Una pietra miliare, dunque. Uno di quei pionieri del rock che persino gli adolescenti di oggi conoscono e apprezzano e che si scatenano nella rete a caccia dei suoi magici pezzi.