Renzi, senza fatti concreti sfiducia a Marino più vicina: «Ci vuole una sterzata»

Renzi, senza fatti concreti sfiducia a Marino più vicina: «Ci vuole una sterzata»
di Marco Conti
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Domenica 21 Giugno 2015, 06:13 - Ultimo aggiornamento: 09:42
«O c'è la svolta o Marino se ne deve andare». Matteo Renzi non cambia la sua posizione sul destino della Capitale e del suo sindaco. La relazione che il prefetto Gabrielli consegnerà al ministro Alfano rappresenta per il presidente del Consiglio un passaggio importante ma non decisivo. Scongiurare il commissariamento del Comune, tanto più per mafia, sarebbe per il premier e segretario del Pd un risultato importante, ma che Renzi non considera sufficiente se l'amministrazione comunale continuerà a marciare nella solita inefficienza.



PISTE Renzi vorrebbe che Marino si intestasse una svolta. Magari rivoluzionando la giunta, licenziando i funzionari corrotti, ruotando tutti i dirigenti comunali che rappresentano un potere spesso superiore a qualsiasi assessore. Facendo alla città un discorso chiaro su cosa si può fare partendo dalla situazione lasciata dalla giunta Alemanno. Invece a Roma tutto tace, «mentre - attacca Michele Anzaldi, deputato renziano del Pd - Marino non è nemmeno andato a Fiumicino» dove l'aeroporto della città che ospiterà il Giubileo, lavora a ranghi ridotti. Ovviamente a palazzo Chigi sono consapevoli che Marino in questi giorni non si occupa solo di piste ciclabili, come ha fatto credere ieri. Raccontano che i contatti di Marino con il prefetto e la Procura di Pignatone siano costanti, ma la fotografia scattata dall'inchiesta Mafia Capitale si somma in maniera devastante ad una situazione della città che i romani giudicano in maniera severa.



In buona sostanza a Renzi interessa cosa a Roma fa la politica e non la magistratura o la prefettura. Ovviamente attende la relazione del prefetto Gabrielli - con la quale si deciderà se commissariare o meno il Comune - ma ciò che reclama ora, subito, sono atti amministrativi concreti che diano il senso di una volontà di cambiare passo. Altrimenti, è il ragionamento del premier, sarà la politica a decidere se e quando staccare la spina per tornare al voto in primavera.

«E' importante che il Pd non perda mai il contatto con i problemi dei cittadini. Talvolta invece abbiamo dato l'impressione di essere autoreferenziali anche noi parlandoci addosso», scrive Renzi nella sua new Enews subito dopo aver commentato di nuovo il risultato delle recenti amministrative. Nessun riferimento diretto a Roma. Tantomeno alla situazione esistente nei circoli del Pd che la relazione di Francesco Barca fotografa in maniera impietosa.



PATTO Bettini, eurodeputato e dominus del Pd romano sino a pochi anni fa, a dicembre consigliò a Marino di lasciare per «poi ricandidarsi». I segnali di svolta che Renzi chiede ora pubblicamente risalgono più o meno a quella data mentre sei mesi dopo il sindaco è alle prese con una giunta che perde pezzi con l'assessore Improta quasi fuori mentre la collega Scozzese (assessore al Bilancio) vuol capire bene quel «sforiamo il patto di stabilità» promesso da Marino subito dopo la circolare con la quale il ministero dell'Economia ha contestato a molti comuni l'istituto del salario accessorio.



Dalle beghe romane Renzi si tiene alla larga. Delle scelte che faranno Improta e Scozzese «non era a conoscenza», assicurano i più stretti collaboratori del premier. Ciò che invece interessa a Renzi, e che dopo il risultato delle recenti amministrative è diventato un assillo, è di scongiurare che la Capitale finisca - magari tra tre anni e in concomitanza con le politiche - in mano ai grillini o alla destra.



CASSETTO Anche se non intende entrare nelle polemiche sulla chiusura o meno di qualche circolo, la situazione in cui versa il Pd romano rappresenta per il presidente del Consiglio l'occasione per sottoporre a tutto il partito quella riforma che langue nel cassetto da mesi. Lo sconcerto dei ”compagni” del Pd della Toscana o dell'Emilia Romagna per quanto accaduto a Roma consegna al segretario un'occasione importante e la riorganizzazione del Pd, come partito pesante sul territorio, si intreccerà a settembre con la legge sui partiti di recente presentata al Nazareno.