Crisi, strappo di Renzi sui patti Ue. «Visto? Il rigore cieco uccide»

Crisi, strappo di Renzi sui patti Ue. «Visto? Il rigore cieco uccide»
di Alberto Gentili
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Martedì 16 Settembre 2014, 01:07
Questa volta le pessime previsioni dell’Ocse e di Standard & Poors non fanno arrabbiare pi di tanto Matteo Renzi.

A palazzo Chigi i consiglieri economici masticano amaro, qualcuno dice: «Noi abbiamo altri numeri». Qualcun altro parla di «previsioni fatte da istituzioni che sbagliano tutti i dati e quindi non sono particolarmente autorevoli». Il premier invece da una parte reagisce piccato: «I gufi ci sono anche all’estero, ma con le riforme che abbiamo messo in cantiere li smentiremo. La crescita arriverà». Dall’altra, legge nei dati dell’Ocse e dell’agenzia di rating una palla alzata a suo favore: «Visto? E’ la prova che con il cieco rigore di bilancio si muore di recessione. Serve una scossa, servono politiche europee espansive. A Bruxelles ci faremo sentire e valere, difenderemo l’interesse nazionale». Parole che oggi Renzi ripeterà in Parlamento, dove illustrerà il programma dei “Mille giorni”. Mille giorni «di riforme», «che hanno senso solo se fatte tutte insieme», durante i quali il premier è intenzionato a non rispettare i parametri europei - né quello del pareggio di bilancio nel 2016, né quello della discesa del debito - accontentandosi di rimanere sotto la soglia del 3% tra deficit e Pil. La speranza: riuscire, insieme agli altri leader socialisti che hanno risposto alla sua convocazione dieci giorni fa a Bologna, a mitigare la reazione di Bruxelles e dei conservatori rigoristi capitanati da Angela Merkel.



Che questa sia l’intenzione, il premier l’ha fatto capire ieri dopo una telefonata di congratulazioni con il segretario dei socialdemocratici svedesi, Stefan Lofven, uscito vittorioso dalle urne: «Dopo Bologna, un'altra tessera si aggiunge a un'Europa progressista che tiene assieme il rispetto degli impegni presi e la necessità e l'urgenza di politiche di crescita, come il rispetto degli impegni presi da Juncker».



A Jean-Claude Juncker, che è arrivato alla guida della Commissione grazie a un “patto per la crescita” siglato a giugno con il Pse, Renzi è determinato a chiedere «l’immediata attuazione del piano da 300 miliardi per lo sviluppo». Oltre, appunto, all’abiura del «rigore cieco» caro alla Merkel & C. Traduzione: nessuna procedura d’infrazione per deficit eccessivo nei confronti di quei Paesi che attuano le riforme strutturali. «E noi, oltre alla riforma della pubblica amministrazione, della giustizia, del bicameralismo perfetto e della legge elettorale», dicono a palazzo Chigi, «metteremo in campo anche la riforma del mercato del lavoro. Articolo 18 dello Statuto dei lavoratori compreso. Costi quel che costi: a questo Paese serve giustizia, nel senso di equità». E mentre Renzi sale sulle barricate e sconfessa il suo ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan favorevole a una supervisione europea sull’attuazione delle riforme («cosa fare lo decidiamo noi e non Bruxelles, nessuno pensi di commissariarci», ha detto il premier domenica), dal Quirinale trapela «preoccupazione». Giorgio Napolitano, che ieri ha ricevuto il governatore di Bankitalia Ignazio Visco, non sembra entusiasta dell’approccio muscolare scelto da Renzi.



Ma ancora di più il capo dello Stato è preoccupato dall’esito deludente dell’Ecofin celebrato a Milano lo scorso week-end, dai «dati economici che continuano e peggiorare» e dall’irrigidirsi del fronte rigorista. «Per il Presidente sono allarmanti i toni bruschi con cui è ripartito il confronto in Europa», spiega un ministro in contatto con il capo dello Stato, «come allarmante è l’atteggiamento della Germania. La Merkel, invece di procedere a politiche espansive, ha deciso di anticipare di un anno (e senza che nessuno glielo avesse chiesto) il pareggio di bilancio».
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