A 25 anni di distanza il conflitto tra Iran e Iraq continua sui social dopo una partita di calcio

L'Iraq celebra la vittoria ai rigori sull'Iran (da www.philstar.com)
di Giulia Aubry
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Domenica 25 Gennaio 2015, 16:00 - Ultimo aggiornamento: 26 Gennaio, 17:54
Sono passati venticinque anni dalla conclusione delle ostilità belliche. Ma Iran e Iraq (nonostante o, più probabilmente, a causa della prossimità territoriale) continuano a rivaleggiare. E nelle ultime ore ne stanno dando ampia dimostrazione sui social nei commenti, anzi nelle aspre polemiche, seguiti al quarto di finale della coppa di Asia di calcio che ha visto la nazionale irachena prevalere ai calci di rigore.
L'hashtag che ormai da due giorni (fuso orario australiano incluso) imperversa su Twitter e' #asiancupjustice. A volere giustizia sono soprattutto i tifosi biancoverdi dell'Iran che, sull'onda dell'entusiasmo della partecipazione alla fase finale della Coppa del mondo di Rio, si aspettavano ben altro esito. Profondamente delusi molti di loro hanno associato un ulteriore hashtag -#IraqDoping - tirando in ballo presunti casi di giocatori trovati positivi a sostanze vietate ma non squalificate.
Tra accuse di corruzione alla AFC e alla FIFA e sfottò calcistici paragonabili a quelli che caratterizzano ogni derby calcistico in qualsiasi parte del mondo, ha fatto la sua comparsa l'ombra di un passato pesante caratterizzato da centinaia di migliaia di morti da ambo le parti. Ragazzi che probabilmente non erano ancora nati in quelle lunghe difficili giornate, iracheni e iraniani che da anni non vivono più nei loro paesi hanno cominciato a confrontarsi su quella che è, evidentemente, una ferita ancora aperta. "Non potremo mai essere fratelli, perché voi avete ucciso la nostra gente", "Noi siamo iracheni (o iraniani), voi cosa siete?", "Quello che è stato deve essere vendicato". Da hashtag sportivo #AsianCupJustice si è trasformato in un gioco di rivendicazioni nazionaliste.
Neanche la minaccia dello stato islamico, che pure nei giorni scorsi ha colpito duramente il tifo calcistico, ha potuto fermare i tifosi della nazionale irachena sui social... Ma nella confusione creata da rancori mai dimenticati e, forse, nella difficoltà di ritrovare una propria identità tra un passato difficile, un presente inquietante di fronte all'avanzata di Isis e un futuro di cui si ha paura, qualcuno ha provato a calmare gli animi o almeno a spingerli a riflettere. Una giovane irachena ha infatti scritto: "Ma perché continuate a parlare di una guerra voluta da dittatori così lontani dai loro popoli?". E perché, ha aggiunto in un altro, "non vi preoccupate del fatto che alcuni di noi vengono uccisi solo perché volevano vedere quella partita"?