Quando al Parlamento Europeo a rappresentare l'Italia c'era Moravia: un convegno a trent'anni dalla sua elezione

Alberto Moravia
di Renato Minore
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Giovedì 3 Aprile 2014, 13:07 - Ultimo aggiornamento: 11 Aprile, 10:57
A trent’anni dall’elezione di Moravia al Parlamento Europeo, un convegno internazionale (“Alberto Moravia tra Italia ed Europa”) affronta oggi, a Perugia, il rapporto dello scrittore con i luoghi della sua vita e del suo agire letterario. Alla Facoltà di Lettere, tra gli altri, ci sarà Roberto Barzanti, che a Strasburgo ha trascorso quindici anni arrivando, tra il 1992 e il 1994, a ricoprire la carica di vice-presidente del Parlamento europeo.



E ancora scrittori e docenti a parlare di Moravia e la Francia, Moravia e la Germania, Moravia e l’Urss, Moravia e Roma, Moravia e Perugia, Moravia e Firenze, Moravia e Joyce. Come Dacia Maraini, Raffaele Manica, René de Ceccatty Annalisa Volpone, Enrico Terrinoni, Massimiliano Tortora, Salvatore Silvano Nigro, Giuseppe Nicoletti, Alessandra Grandelis. Una giornata di studi per analizzare e riflettere sull’esperienza del Moravia scrittore e intellettuale, che seppe e volle essere testimone del suo tempo, nella dialettica tra un’opera radicata prevalentemente in Italia e nella sua Roma e una cultura profondamente europea.



Moravia dunque visto nella prospettiva dell’Europa, anche attraverso l’analisi del ”Diario europeo” (ne parlerà Raffaele Manica), il resoconto puntuale e scrupoloso del difficile e intenso rapporto dello scrittore con la politica. Altra riflessione sul tema dell’Europa quella affidata ad alcuni (dimenticati) scritti politici apparsi alla fine della guerra, che saranno nei prossimi mesi pubblicati organicamente da Bompiani.



Tra cui ”La speranza”, l’opuscolo numero uno della collezione di saggi, diretta dallo stesso Moravia nel 1944. Dallo spettacolo di un mondo ancora in rovina e imbarbarito da una guerra ideologica spietata, lo scrittore traeva la speranza che i valori di carità, di solidarietà umana, di sacrificio per la libertà, di altruismo del cristianesimo delle origini, si confrontassero e si confondessero con quelli di un "comunismo" della giustizia economica e dell’eguaglianza sociale.



Come ha osservato Marcello Cioccetti, che ha analizzato in un bel saggio il Moravia giornalistico di questi anni, le sue conclusioni risuonano straordinariamente profetiche: «Il nazionalismo nasce dall'esaurimento della cultura nazionale; e volendo difenderla finisce di ammazzarla. Ma non per questo muore lui stesso. Esso vivrà quanto vivrà la nazione sia pure ridotta a semplice espressione geografica e militare. E fino alla fine precluderà la sola via per risuscitare veramente le culture nazionali: che è quella della cooperazione e dell'unificazione.



L’idea di un dopoguerra che sarà in prospettiva unificato «da una tra le tante nazioni d'Europa, ma da qualche organismo politico extraeuropeo», torna anche in altri scritti politici degli stessi mesi. Come ad esempio in ”Su l’Europa”, pubblicato il 14 giugno 1945 su «La città libera», la rivista di Giorgio Granata. Nel testo che avrebbe dovuto far parte di un libro di «Aforismi politici» più volte annunciato e mai realizzato, Moravia scandisce l’iniziale «Sono europeo».



E illumina le sue parole di una forte tensione etica e di un' altrettanto forte volontà di capire il passato e immaginare il futuro non solo immediato. E lo fa nella forma aforistica per lui davvero insolita, che spezza la rete concettuale e procede per sintesi e folgorazioni di senso, concludendo nel momento in cui inizia, toccando il fondo restando in superficie, dicendo tutto in una sola frase, ricavando il massimo dalla prima impressione.
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