Macerata, Mario Cavallaro: «Pd, basta dividersi così si mette in pericolo la vittoria alle prossime comunali»

Mario Cavallaro
di Nicola Paciarelli
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Domenica 20 Luglio 2014, 16:02 - Ultimo aggiornamento: 20:03
MACERATA - Avvocato, sindaco di Gagliole e di Castelraimondo, consigliere provinciale per moltissimi anni, poi presidente dell'Ersu di Camerino, senatore, deputato, segretario provinciale del Pd, presidente della Magistratura tributaria.

Da sempre protagonista e grande osservatore della politica, Mario Cavallaro, che ieri ha compiuto 63 anni, ha una lunga carriera alle spalle ed oggi è presidente della giustizia tributaria, incarico di grande prestigio nazionale.



Presidente Cavallaro, come affronta questa nuova sfida della Magistratura tributaria?

«Con grande interesse e senso di responsabilità. E' un impegno di tipo essenzialmente professionale e istituzionale che capita in un momento di riforme che investono anche la magistratura tributaria. Non essere stato un tributarista è anche meglio, per certi versi, perché mi consente di vedere le cose con distacco e imparzialità, che è bene avere per guidare un organo di autogoverno e garanzia, ma anche di controllo sull'operato della giurisdizione in materia di tasse».



Lei ha guidato il Pd a livello locale. Come vede oggi il partito maceratese?

«Senza entrare nel merito delle contese frequenti di cui leggo, sono molto sorpreso della mancanza totale di unità di intenti, di programmi e persino personale di una classe dirigente che dovrebbe far tesoro di quello che le abbiamo consegnato, che nelle Marche non è mai stato poco. Spero che recuperino presto, non per realizzare unità di facciata, ma per continuare nella fase positiva che non è così sicura e stabile».



L'anno prossimo Macerata andrà alle urne per eleggere il sindaco e il Pd, come maggior partito, ha grosse responsabilità. Come si mantiene il governo della città senza le spaccature interne al partito?

«La fibrillazione continua di rapporti fra amministrazione e partito e all'interno delle due realtà non ha aiutato. Un partito grande e democratico è per sua natura non diviso, ma plurale. La ricetta potrebbe essere di trovare convergenza sia intorno a un programma realistico, sia intorno a un candidato in cui si riconosca almeno per primo il Pd. Io non sono un sostenitore delle primarie, ma, se con questo metodo si conviene che si sceglie democraticamente un candidato, ci può stare e secondo me le primarie o le scelte di partito devono individuare un unico candidato Pd, che abbia carisma e slancio e poi eventualmente sottoporlo alla coalizione che si ritiene di mettere in campo. Se il Pd dimostra unità le alleanze non saranno difficili da fare. Se invece ci si divide, come fu con le primarie scorse con troppi candidati che furono la base per una perenne successiva instabilità che perdura ancora, si può mettere persino in pericolo la vittoria».



Di estrema attualità la questione centro storico: cosa serve per dare una svolta a Macerata?

«Intanto mi colpisce, da frequentatore assiduo di Macerata, l'arretratezza del dibattito, che preoccupa per la città e per le sue sorti. Basti pensare che Perugia è al minimetrò e noi arranchiamo su parcheggi e panettoni della piazza. Macerata avrebbe risorse storico-ambientali per proporsi come centro storico pedonalizzato, ma un vero attracco meccanizzato efficiente ancora non c'è e di qui le difficoltà e la scarsa fiducia dei commercianti nella soluzione che secondo me pure si impone, prima o poi, di adottare. Colpisce anche la cronica mancanza di tempestività nel proporre i problemi e in generale un'attitudine a piangersi addosso».
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