Slovacchia, il pacifista diventato killer per rabbia: «Troppe armi, siamo pazzi»

I parenti lo consideravano bipolare ma non aveva mai subito trattamenti psichiatrici

Picture taken on May 15, 2024 shows Slovak Prime Minister Robert Fico being transported by medics and his security detail to the hospital in Banska Bystrica, Slovakia where he is to be treated after he had been shot "multiple times" (Photo by AFP)
di Flaminia Bussotti
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Venerdì 17 Maggio 2024, 07:05

Pacifista e filorusso, solitario e riflessivo con vena poetica e penna facile, padre di famiglia e cittadino arrabbiato: tutto e il contrario di tutto, Jurai Cintula, il 71enne che ha scaricato la sua pistola contro il premier slovacco, è un miscuglio da caso clinico, buono per un manuale di schizofrenia, ma internato per disturbi psichiatrici non è mai stato. All’esterno, del suo stato instabile e delirante e delle sue fantasie paranoiche non ha mai fatto trasparire nulla: né ai vicini di casa che lo descrivono come un «uomo tranquillo», né al figlio, che dice che al massimo «era un impulsivo» e forse gli è scattato «un corto circuito» in testa, né tanto meno in pubblico alle proteste antigoverno alle quale partecipava negli ultimi tempi. Insomma, apparentemente un anonimo signor nessuno. Otto anni fa pubblicava in rete frasi innocenti come queste: «Il mondo è pieno di armi», e gli uomini sembrano «essere diventati pazzi». Cintula confessava alla rete anche la sua preoccupazione per il fenomeno dell’immigrazione, per «l’odio e l’estremismo». Sempre nel web annunciava di avere fondato lui stesso un “movimento contro la violenza”. Dal ritratto emerso poco alla volta finora emerge un uomo qualunque, ma piuttosto strambo, contraddittorio e probabilmente molto frustrato.

Attentato a Fico, il premier della Slovacchia in «condizioni stabili ma serie». Juraj Cintula: «Orgoglioso del mio gesto». Il presidente Peter Pellegrini: «Ho parlato con lui»

LUPO SOLITARIO

Il ministro degli interni Estok lo ha definito «un lupo solitario», scontento della situazione politica in Slovacchia, ma che non è attivo né in organizzazioni di destra né di sinistra: si è radicalizzato da solo durante la recente campagna per le presidenziali e ha partecipato alle proteste contro il governo. Di lui si sa che non ha precedenti penali, né psichiatrici, che viveva a Levice, città a 150 km a est di Bratislava, che in passato ha pubblicato diversi libri di poesie e aveva fondato anche un club letterario, oltre a essere membro dell’associazione degli scrittori slovacchi che però dopo l’attentato lo ha subito scaricato: «Revocheremo l’iscrizione di questa ripugnante persona» se le accuse dovessero risultare vere. Di poesia e scrittura, tuttavia, Cintula non poteva vivere, per questo aveva trovato un lavoro come guardia di sicurezza in un centro commerciale a Levice. Era autorizzato pertanto a portare armi con regolare permesso e anche quella usata per sparare al premier era legale. Nel 2016 Cintula era stato aggredito da un uomo sotto effetto di droga. Personalmente comunque non aveva mai dato segnali di squilibrio o di intenzioni criminali, assicura il figlio al portale Aktuality.sk: «Non ho la più pallida idea di cosa avesse in mente mio padre e perché lo ha fatto», ha detto. Alla domanda se il padre odiasse il premier, ha risposto: «Mettiamola così, non lo ha votato, questo è tutto quello che posso dire». Non ha mai comunque detto apertamente di voler attaccare o addirittura uccidere un politico: «È piuttosto impulsivo, forse ha avuto un corto circuito, non so». Anche la moglie dell’attentatore è stata interrogata dalla polizia. Il profilo dell’uomo che mercoledì alle 14.30 ha sparato al premier slovacco Robert Fico dopo una riunione del governo nella cittadina di Handlova, è quanto meno bipolare. Poeta per hobby, scrittore a tempo perso accanto al lavoro che era costretto a svolgere perché di poesia e scrittura non riusciva a sfamarsi, Cintula, arrestato subito dopo avere scaricato cinque colpi contro Fico, di cui quattro andati a segno, era pacifista a parole e filorusso nel cuore, ce l’aveva col governo, ma non aveva mai manifestato prima intenzioni di compiere attentati o assassinare qualche politico e lo stesso premier.

PROTESTE E CHOC

In un video sui media slovacchi, si vede l’uomo in stato confusionale che dice: «Non sono d’accordo con la politica del governo».

Sarebbe questo il movente del suo gesto. Con voce impastata ha citato a esempio il progetto di riforma dell’esecutivo di chiudere la tv pubblica Rtvs, perché considerata troppo vicina all’opposizione e antigovernativa, e di creare una nuova rete, la Stvr, di suo gradimento. Da giorni proteste di piazza si susseguono in Slovacchia contro i piani del governo, ma dopo l’attentato, che ha sconvolto l’opinione pubblica e fatto crescere lo scontento già forte fra la gente esasperata, tutte le dimostrazioni sono state cancellate: lo choc è nazionale, la rabbia pure. La protesta è diretta anche contro una legge che limita l’attività delle Ong su modello di quella in vigore in Russia. Il clima, esasperato ora dall’attentato a Fico, è tale da avere indotto il ministro degli interni Sutaj Estok a dichiarare che la Slovacchia è «sull’orlo di una guerra civile». Ricerche di giornalisti investigativi indicano che Cintula avesse contatti con l’organizzazione paramilitare filorussa Slovenski Braci (SB, Fratelli Slovacchi) il cui capo era stato addestrato dai servizi segreti russi. Il gruppo, che ha partecipato anche a sfilate dei neonazi austriaci, si è sciolto nel 2022 ma esistono foto del 2016 che lo ritraggono assieme all’attentatore, il quale scriveva articoli per loro. Un mistero come potesse conciliare l’appartenenza all’organizzazione paramilitare con la sua professione per la pace per cui aveva anche fondato un movimento pacifista contro ogni forma di violenza. Alcuni media fanno paralleli con tragici precedenti storici: dall’attentato di Sarajevo all’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono d’Austria, che scatenò la prima guerra mondiale, a quello a Gandhi nel 1948, a John F. Kennedy nel 1963, Martin Luther King, Menachem Begin, Indira Gandhi, Olof Palme, Yitzak Rabin: tutti protagonisti della storia vittime di attentati. La differenza è che loro sono tutti morti e Fico fortunatamente no. Il suo attentato rischia però di creare sconquasso in un Paese già di suo sull’orlo del caos, e insicurezza e sconcerto nell’Europa alla vigilia del voto.

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