Mentre procede l’indagine della Procura, sono opportune delle considerazioni sull’impianto del contrasto del riciclaggio. La prima normativa in materia risale agli inizi degli anni novanta del secolo scorso. Essa si basa sul concorso di due misure fondamentali a carico dei soggetti che vi sono tenuti, in primis le banche e le società finanziarie, ma non solo: l’identificazione e la registrazione delle operazioni oltre un dato importo e la segnalazione delle operazioni anomale. Questa normativa si è progressivamente sviluppata con il recepimento di Direttive comunitarie e nella seconda parte del primo decennio degli anni Duemila è stata costituita l’Uif, l’Unità di informazione finanziaria coesistente con la Banca d’Italia che presiede a compiti di antiriciclaggio e antiterrorismo (per i profili finanziari). Prima alcune attribuzioni in materia erano esercitate dall’Ufficio italiano dei Cambi che, con un’operazione non adeguatamente riflettuta, si volle liquidare incorporando il personale nella Banca d’Italia, anziché riformare l’“Ufficio” e sfruttare la competenza acquisita nel settore dell’antiriciclaggio. Una parte importante dell’attività dell’Uif si fonda sull’esame delle segnalazioni di operazioni sospette provenienti innanzitutto dalle banche, sulla base di parametri predeterminati e utilizzando un software, Gianos, che sarebbe ritenuto un’eccellenza. Il personale dell’Uif è distaccato dalla Banca d’Italia. Le Sos sono poi trasmesse alla Guardia di Finanza e alla Direzione nazionale antimafia. Sull’aumento rilevantissimo delle Sos, che sono state pari a 150 mila nello scorso anno, si deve riflettere. E’ apprezzabile la capillarità delle osservazioni da parte dei soggetti obbligati a segnalare, ma fondamentale è poi conoscere quale sia l’esito delle segnalazioni, se esse sono state poi archiviate o hanno innescato procedimenti giudiziari salendo, dunque, di livello. E ciò presuppone regole, criteri, parametri da osservare da parte di chi poi dovrà decidere se si starebbe per passare nell’area delle ipotesi di reato o no e con quali eventuali altri accertamenti. Tutto ciò dovrebbe essere chiaro e, nei numeri - ovviamente non nella conoscenza della singola decisione e del suo merito - e nelle possibili classificazioni per categorie, dovrebbe essere oggetto di pubblicizzazione. L’enorme aumento delle Sos non ci dice granché ; anzi, potrebbe pure comunicarci la voglia dei segnalanti di sottrarsi a eventuali, ancorché remote, responsabilità omissive. Il caso esaminato a Perugia indirettamente da ragione di questa esigenza di regolamentazione e di trasparenza (benché raccordata con il rispetto della riservatezza, quando necessaria). Sarebbe doveroso por mano a questa revisione - integrazione. Cosi come, visti il crescente impegno e le responsabilità dell’Uif, non sarebbe fuor di luogo riflettere sul rafforzamento istituzionale di tale Unità dando ad essa personalità giuridica e sancendone autonomia e indipendenza anche attraverso le procedure di nomina del vertice da assimilare a quelle, per esempio, vigenti per la Corte costituzionale. Oggi, il personale opera con competenza e rigore, ma l’assetto istituzionale (ad avviso di chi scrive da rivedere) è cosa diversa dal positivo apporto di chi lavora nell’Unità. Ciò appare ancor più importante se si ha presente che a breve decollerà l’Amla, l’autorità europea antiriciclaggio con compiti di raccordo con le Unità nazionali (e di sorveglianza) per la cui sede il Governo italiano ha candidato proprio Roma: fra le motivazioni, anche, giustamente la competenza e l’esperienza in Italia dell’antiriciclaggio. E’ una caratteristica che dobbiamo rafforzare. Non possiamo di certo disperderla per operazioni e comportamenti che, se fossero accertati, sarebbero gravissimi, anche se si spera restino circoscritti.
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