I fratelli Lyle Menéndez ed Erik Menéndez sono i protagonisti di una delle vicende true crime più celebri e agghiaccianti della storia statunitense. Furono infatti arrestati, nel 1996, per l'omicidio dei propri genitori, José e Mary Louise "Kitty" Menéndez. Tra un processo complicato, i dubbi sul movente (se per denaro o per abusi sessuali subiti dai due),
Netflix, la storia dei fratelli Menendez in "Monsters"
Gli omicidi
Un caso di cronaca che ha sconvolto gli Stati Uniti ed è arrivato all'attenzione degli italiani solo recentemente per la serie dedicata "Monsters", regia di Ryan Murphy (lo stesso della serie, impostasi rapidamente come cult, su Jeffrey Dahmer).
Lyle Menéndez ed Erik Menéndez sono due fratelli che, con stupore del vicinato che li riteneva parte di una famiglia serena, si macchiarono del sangue dei loro stessi genitori nella sera del 20 agosto 1989, quando entrarono nella loro villa di Beverly Hills armati di fucili da caccia e colpriono prima il padre, José, con 6 colpi da arma da fuoco, poi la madre Kitty, colpita per un totale di 10 volte. Prima del colpo mortale alla guancia, la donna era a terra, strisciando lentamente e piangendo, mente Lyle correva verso l'auto per ricaricare il fucile e spararle in viso.
Poi i due hanno atteso che i poliziotti intervenissero a causa del rumore degli spari e, all'arrivo dei militari, hanno detto che gli omicidi erano avvenuti mentre erano al cinema a guardare Batman. Non fu richiesto ai due di sottoporsi ai test sui residui di sparo, che avrebbero indicato se avevano sparato di recente con un'arma da fuoco.
Nei mesi successivi agli omicidi, i fratelli Menendez si diedero alle spese folli: con la loro cospicua eredità iniziarono ad acquistare spasmodicamente non solo beni di lusso, ma proprio attività commerciali e viaggi. Lyle comprò un ristorante a Princeton, nel New Jersey, un Rolex e una Porsche 930. Invece, Erik assunse un allenatore di tennis a tempo pieno e partecipò a una serie di tornei in Israele. Spendevano anche per cene costose e viaggi all'estero nei Caraibi e a Londra. In tutto, spesero circa 700000 dollari prima del loro arresto; anche se alcuni membri della famiglia in seguito contestarono una connessione tra le loro spese e l'omicidio dei genitori, asserendo che non c'erano stati in realtà cambiamenti nelle loro abitudini di spesa dopo gli omicidi. Mentre i due sperperavano il patrimonio, la polizia cercava di ricostruire i fatti e restringere la ricerca ai sospettati che avevano dei motivi per uccidere José e Kitty. Inizialmente si indagò anche su potenziali indiziati mafiosi. Poi l'indagine cominciò a prendere in considerazione che i fratelli fossero i colpevoli più probabili a causa dell'evidente movente finanziario.
La confessione e il processo: il movente degli abusi sessuali subìti
Erik confessò al suo psicologo, Jerome Oziel, di essere colpevole degli omicidi. Errore fatale, perché questi confidò la verità all'amante, che, alla fine della relazione, raccontò alla polizia del coinvolgimento dei fratelli. Così Lyle fu arrestato l'8 marzo 1990 ed Erik si consegnò tre giorni dopo. In seguito iniziò il processo, durante il quale i fratelli rivelarono un movente sorprendente: dichiararono di aver commesso gli omicidi per paura che il padre li uccidesse dopo che avevano minacciato di denunciarlo per anni di abusi sessuali, emotivi e fisici.
A testimone il cugino dei fratelli, Andy Cano, che sosteneva che Erik gli avesse raccontato degli abusi, e così anche un'altra cugina dei fratelli, Diane Vander Molen. Dal canto suo l'accusa sosteneva che il delitto avesse un movente prettamente monetario.
Pena e riapertura del caso
I due fratelli vennero inizialmente processati separatamente, tuttavia, entrambe le giurie si arenarono, con conseguente nullità del processo. Per il secondo processo, furono processati insieme da un'unica giuria che dichiarò colpevoli. Entrambi i fratelli vennero condannati all'ergastolo senza possibilità di liberazione condizionale.
Furono mandati in prigioni diverse, considerati detenuti di massima sicurezza, quindi tenuti separati dagli altri prigionieri. Nel 2018 Lyle fu trasferito dalla prigione statale di Mule Creek alla Richard J. Donovan Correctional Facility dove furono ospitati in unità separate. Erik trascorse anche un po' di tempo nella prigione di Pleasant Valley a Coalinga, California. Infine durante quell'anno i due fratelli furono riuniti per la prima volta da quando avevano iniziato a scontare la pena quasi 22 anni prima. Durante l'incontro i due sono scoppiati a piangere e si sono abbracciati. La prigione in cui attualmente sono ospitati è riservata ai detenuti che accettano di partecipare a programmi di istruzione e riabilitazione senza creare interruzioni.
La detenzione non impedito inoltre ai due fratelli di proseguire la propria vita e di sposarsi.
Nel maggio 2023, il caso è stato riaperto, poiché i fratelli hanno depositato documenti chiedendo una nuova udienza, basata su prove inedite appena scoperte, che dimostrerebbero le molestie sessuali che il padre Josè perpetrò non solo contro di loro, ma anche contro il leader della boy band portoricana dei Menudo, Roy Rosselló, quando quest'ultimo era un ragazzino. In particolare, il 18 aprile 2023, in un'intervista, Rosselló ha dichiarato di essere stato drogato e violentato da José Menéndez quando era in visita alla casa dei Menéndez nel New Jersey, all'età di 14 anni.
Le polemiche sulla nuova serie
Ora lo stesso Erik, attraverso un post sui canali social della moglie, si è lamentato per l'inesattezza della serie su Netflix.
Erik's response to the Netflix's series.#NetflixMonsters #Netflix #RyanMurphy pic.twitter.com/Xz1waxA2u3
— Tammi Menendez (@TammiMenendez1) September 20, 2024
«Credevo che fossimo andati oltre le bugie e le deleterie rappresentazioni di Lyle, creando una caricatura radicata in bugie abominevoli e sfacciate dilaganti nella serie», scrive Erik Menéndez. «Posso solo credere che siano state fatte apposta. È con il cuore pesante che dico di credere che Ryan Murphy non possa essere così ingenuo e impreciso sui fatti delle nostre vite da fare ciò senza cattive intenzioni. È triste per me sapere che la rappresentazione disonesta di Netflix delle tragedie che circondano il nostro crimine abbia portato le dolorose verità indietro di molti passi, indietro nel tempo a un'epoca in cui l'accusa ha costruito una narrazione su un sistema di credenze secondo cui gli uomini non venivano abusati sessualmente e che gli uomini vivevano il trauma dello stupro in modo disverso rispetto alle donne».
E anche secondo alcuni telespettatori la serie è manchevole dal punto di vista dell'accuratezza. Su X, soprattutto, il pubblico si è espresso duramente contro la rappresentazione della vicenda: «Comunque assurdo come la serie sui fratelli menendez sia riuscita a ritrarli come dei mostri e dei ragazzini viziati che hanno ucciso i loro genitori e non delle vittime, ovvero quello che sono realmente», scrive un utente tra i tanti che lamentano le scelte "discutibili" della produzione.