Ansia e rischi cardiovascolari, nei boschi il segreto del benessere

Studi del Cnr e del Club alpino italiano hanno rivelato l'effetto benefico dei monoterpeni, contenuti negli oli essenziali di alcune piante, aiutano

Ansia e rischi cardiovascolari, nei boschi il segreto del benessere
di Stefano Ardito
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Giovedì 15 Giugno 2023, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 16 Giugno, 15:06

Migliaia di persone stanche, nevrotiche, ipercivilizzate stanno iniziando a scoprire che andare in montagna è andare a casa, e che i parchi e le riserve non sono solo sorgenti di acqua e di legname, ma fontane di vita».

John Muir, padre dei grandi Parchi nazionali americani, non era uno scienziato né un medico, ma un appassionato di natura e uno scrittore. Negli ultimi anni, gli studi hanno dimostrato che queste sue parole del 1901, hanno anche un valore scientifico. Una ricerca condotta tra il 2021 e il 2022 dall’Istituto per la bioeconomia del CNR e dal Club alpino italiano ha mostrato l’effetto dei monoterpeni (componenti degli oli essenziali emessi dalle piante che abbondano nelle foreste) nel ridurre i sintomi dell’ansia. Lo studio, condotto in 39 siti italiani tra montagna, collina e parchi urbani, ha visto la partecipazione di centinaia di volontari, e ha avuto la collaborazione delle Università di Parma e Firenze, dell’Azienda unità sanitaria di Reggio Emilia e del Centro di riferimento regionale per la fitoterapia di Firenze. I risultati sono stati pubblicati sull’International Journal of Environmental Research and Public Health. In base all’analisi dei dati ambientali e psicometrici raccolti, è stato individuato l’effetto specifico dell’esposizione ai monoterpeni sulla riduzione dell’ansia.

I RISULTATI

«Il nostro lavoro mostra che, oltre una data soglia di concentrazione di monoterpeni, i sintomi dell’ansia diminuiscono a prescindere dagli altri parametri, ambientali e individuali», spiega Francesco Meneguzzo, ricercatore del CNR-IBE e componente del Comitato scientifico del CAI. «Combinando le sessioni di terapia forestale condotte da psicologi con tecniche avanzate di statistica, abbiamo potuto dimostrare che, in certe condizioni, l’aria della foresta è terapeutica. È un traguardo importante, che spinge verso l’adozione di pratiche sanitarie verdi», aggiunge Federica Zabini del CNR-IBE, supervisore della ricerca. «La connessione tra stati di ansia e rischio cardiovascolare è ben nota. I risultati di questo lavoro ci permettono di disporre di criteri oggettivi per individuare e qualificare le stazioni di terapia forestale in grado di consentire prestazioni di livello clinico», spiega Davide Donelli, del Dipartimento di Medicina e chirurgia dell’Università di Parma. Chi accompagna per lavoro escursionisti e turisti nei boschi conosce da tempo questo effetto, anche se in maniera empirica. «Tutti i miei clienti si rilassano quando vengono a camminare nella natura, ma quando si cammina in un bosco l’effetto è molto più forte», racconta Ercole Marchionni, in arte “Ercole Wild” accompagnatore di media montagna dell’Abruzzo.

La collaborazione scientifica tra il Consiglio nazionale delle ricerche e il Club alpino italiano è iniziata nel 2019, con uno studio sulla distribuzione degli oli essenziali emessi dalle piante. Da questa analisi sono nate alcune pubblicazioni scientifiche e un volume sulla Terapia Forestale che può essere scaricato dai siti delle due istituzioni.

Oggi, grazie a questo e ad altri lavori, sappiamo che i monoterpeni sono più abbondanti nelle foreste remote che nei parchi urbani. Il prossimo passo consisterà nel mappare la concentrazione di queste sostanze. E quindi assegnare a ogni sito verde un valore terapeutico. Frequentare il verde e i boschi, però, non fa bene solo a chi soffre di ansia. La Società Italiana di Neurologia ha diffuso i risultati di uno studio pubblicato sul Journal of the American Medical Association che ha coinvolto 122.000 soggetti di età compresa tra i 65 e i 74 anni. Il lavoro mostra che l’esposizione agli ambienti naturali (foreste, parchi, fiumi…) può ridurre il rischio di ospedalizzazione per Parkinson. Una malattia neurologica che colpisce oggi circa 5 milioni di persone nel mondo (400.000 in Italia). L’indice NDVI (Normalized Difference Vegetation Index), che confronta la disponibilità di aree verdi con la densità della popolazione, ha mostrato una riduzione di ricoveri per i pazienti con malattia di Parkinson. E ha quindi indicato che gli ambienti naturali sono associati a un calo del rischio di ospedalizzazione per questa malattia. «Finora esistevano dati contrastanti sull’efficacia dell’esposizione agli spazi verdi nel proteggere da diverse condizioni neurologiche - commenta Alfredo Berardelli, Presidente della Società Italiana di Neurologia - Invece, dalle ricerche è emerso che questi ambienti esercitano una vera azione terapeutica».

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