Spari nel tribunale di Milano, Giardiello: «Mi sentivo come dentro un tunnel»

Spari nel tribunale di Milano, Giardiello: «Mi sentivo come dentro un tunnel»
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Mercoledì 8 Luglio 2015, 11:45 - Ultimo aggiornamento: 9 Luglio, 17:59
«Mi sentivo come se ero in un tunnel e dovevo fare quella strada. Sapevo quindi bene quello che stavo facendo anche se mi sentivo in qualche modo costretto a farlo».



Lo ha detto nel verbale d'interrogatorio ai pm di Brescia, consultato dall'Ansa, Claudio Giardiello, l'uomo autore della strage in Tribunale a Milano lo scorso 9 aprile.



È stato quando il suo avvocato ha rinunciato al mandato, dopo alcuni dissapori, che Claudio Giardiello ha pensato che «era il momento giusto per farla finita». Davanti ai pm bresciani Giardiello ha detto: «Quando Rocchetti si è tolto la toga, allora ho pensato che era il momento giusto di farla finita. Per finire una vita di dolore e di sofferenza, una vita di soprusi, di avidità di persone malvagie. Allora ho preso dalla borsa la pistola ma non so cosa mi è scattato nella testa, in quel momento è stato chiamato un testimone. Dovevano chiamare una delle segretarie e invece il mio avvocato chiama proprio l'avvocato Lorenzo Claris Appiani (una delle tre vittime ndr.) e io sono impazzito. Sono proprio andato fuori di testa».



«Io sono passato regolarmente dal metal detector, mentre la borsa nella quale custodivo la pistola l'ho fatta passare dal Fep, lo strumento preposto al controllo degli effetti personali. Ho pensato che se avessero individuato l'arma avrei detto che volevo suicidarmi in Tribunale e avrei spiegato il perchè di quella intenzione», ha raccontato Giardiello.



«Non ho il ricordo delle guardie poste di vigilanza all'ingresso.
Ricordo solo che ce n'era una vicino al metal detector dove sono passato io. Non ho memorizzato dove fossero le altre», ha spiegato al pm di Brescia Isabella Samek Lodovici, «Ero un pò agitato e non sono stato a guardare quello che facevano loro. Non ho nemmeno il ricordo di quante fossero effettivamente le guardie di servizio in quel momento. A prescindere dal numero effettivo di guardie in quel momento in servizio, di sicuro nessuno mi ha fermato o mi ha chiesto di fare ulteriori verifiche sulla mia persona o sulla mia borsa. La mia intenzione in quel momento era di suicidarmi all'interno del Tribunale per cui nemmeno avevo interesse a denunciare il possesso dell'arma per poter mettere in pratica la mia intenzione.
Strada facendo ho pensato di suicidarmi in Tribunale dove mi avevano distrutto la vita. La mia vita e quella dei miei famigliari. Credevo nella giustizia ma non da quando mi sono successe le cose che si possono vedere nelle carte».
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