Chiuso il caso diplomatico che ha portato alla liberazione della giornalista romana Cecilia Sala, se ne apre un altro altrettanto delicato e di difficile soluzione. Da esattamente 60 giorni Alberto Trentini, cooperante veneziano che si trovava in Venezuela per portare aiuti umanitari alle persone con disabilità, è stato arrestato «senza che gli sia mai stata contestata formalmente nessuna imputazione», fa sapere il suo legale, l’avvocatessa Alessandra Ballerini, la stessa che assiste i genitori di Giulio Regeni. L’ultimo messaggio WhatsApp alla compagna venezuelana è del 14 novembre 2024: «Sto per dimettermi dalla Ong». Il sospetto è che la detenzione del 45enne sia una ritorsione del governo di Nicolás Maduro contro quello italiano che, subito dopo le elezioni presidenziali venezuelane del 28 luglio scorso, aveva messo in dubbio il risultato con il quale l’ex sindacalista si era aggiudicato il terzo mandato scatenando il sospetto dei brogli. In particolare, il 2 agosto il ministro degli Esteri Antonio Tajani aveva dichiarato: «L’Italia è a fianco del popolo venezuelano», sottolineando «l’urgenza di rispettare il voto democratico, calpestato dalle numerose manipolazioni». Il nostro Paese - insieme a Francia, Paesi Bassi, Germania, Spagna, Portogallo e Polonia - il 4 agosto aveva chiesto «alle autorità venezuelane di pubblicare tutti i registri di voto per garantire piena trasparenza e integrità del processo elettorale».
RESTRIZIONI DIPLOMATICHE
Il sospetto che l’arresto di Trentini sia una ritorsione trova ancor più sostanza dalla mossa con cui ieri Maduro ha deciso di espellere tre diplomatici accreditati in Venezuela dall’ambasciata italiana, francese e olandese: dovranno lasciare il paese entro 48 ore.
PRESUNTO SPIONAGGIO
Trentini il 17 ottobre 2024 era arrivato in Venezuela per una missione con la Ong Humanity e Inclusion per portare aiuti umanitari alle persone con disabilità. Il 15 novembre, mentre si recava in missione da Caracas a Guasdalito, è stato fermato a un posto di blocco, insieme all'autista della Ong. «Sembrerebbe che pochi giorni dopo il fermo Alberto sia stato trasferito a Caracas e, ad oggi, ci risulta “prigioniero” in una struttura di detenzione, senza che gli sia mai stata contestata formalmente nessuna imputazione - si legge in una nota del suo legale - Nessuna notizia ufficiale è mai stata comunicata da nessuna autorità venezuelana né italiana e di fatto, da quasi due mesi, nulla sappiamo sulle sorti di Alberto, tenuto anche conto che soffre di problemi di salute e non ha con sé le medicine né alcun genere di prima necessità. Nessuno è riuscito a vederlo. Neppure il nostro Ambasciatore è riuscito a comunicare con lui né ad avere sue notizie nonostante plurimi tentativi». L’Ambasciata d’Italia e il Consolato generale a Caracas hanno chiesto alle autorità venezuelane «con urgenza» che sia garantito l’esercizio dell’assistenza consolare e che vengano comunicati quanto prima i motivi dell’arresto e il luogo di detenzione. In 3 dicembre è stata convocata alla Farnesina l’Incarica d’Affari ad interim del Venezuela.
Ad aumentare la preoccupazione c’è anche il fatto che Trentini, per festeggiare il compleanno della compagna, tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024 è stato in Colombia, la cui frontiera con il Venezuela è stata chiusa da Maduro durante il suo insediamento. Non solo: un suo collega che lavora per Danish Refugee Council, è recluso sempre per presunto spionaggio. Dunque le autorità potrebbero ritenere il veneziano «collegato» a quest’ultimo.