Ha i pantaloni corti è un'arma in pugno. Si sbatte, lì tra vico Lungo nuovo Gelso e vico Tre re a Toledo ai Quartieri spagnoli.
Ha un solo obiettivo, a leggere le carte della Mobile: meritarsi quella pistola che stringe tra le mani. Già perché per il sedicenne inquadrato con la pistola (assieme ai suoi soci un po' più grandi, che hanno da poco raggiunto i 18 anni), la partita è tutta in quella manciata di secondi: sparare e uccidere, fare fuoco e sentire il ferro diventare caldo, rovente. Erano in quattro ed erano armati. Guardiamoli entrare in azione, alla luce delle indagini condotte dalla mobile del primo dirigente Alfredo Fabbrocini, che fanno leva anche sulle immagini che pubblichiamo in questa pagina: 16 giugno scorso, caldo estivo e voglia di vita tra i vicoli di Napoli, quando il sedicenne entra in azione. È accanto a Giuseppe Basile, di 24 anni, Francesco Cannola, di 23, e Carmine Nocerino, di 25 (per altro si era sposato pochi giorni prima), quando provano a uccidere il loro obiettivo. Una faida nota, raccontata ed esplorata dai giornali: puntavano ad uccidere uno della famiglia Valentinelli, ritenendolo responsabile dell'omicidio di Gennaro Verrano, consumato nel 2017. Lui, il più piccolo, ha solo 16 anni ma sembra il più determinato. Sa bene che nella grammatica del vicolo, quell'agguato dovrebbe essere una sorta di battesimo del fuoco. E non è un caso che è probabilmente sua la responsabilità maggiore di aver sbagliato bersaglio, tanto da ferire due passanti, due persone che rischiano di «morire per caso» (per usare l'espressione del pg napoletano Luigi Riello), parliamo di Enrico De Maio e Vittorio Vaccaro, rispettivamente scultore e operaio che lasciavano un cantiere del posto per fare ritorno a casa.
Finito in cella, il minorenne ha ripetuto il copione di sempre, senza offrire alcun particolare a proposito della provenienza dell'arma.
Di chi stiamo parlando? A leggere le carte delle inchieste della Dda di Napoli, il modello da seguire e tale Checco Lecco, uno dei killer della paranza dei bambini, legatissimo a Emanuele Sibillo (ucciso anni fa durante la faida di Forcella), attualmente in cella per omicidio e armi. Una ossessione quella del ferro caldo, che va al di là degli interventi messi a segno da polizia e carabinieri, vista la straordinaria circolazione di ordigni e munizioni tra i vicoli di Montecalvario. Vanno ad allenarsi nelle cave abbandonate, escono di casa con le pistole in pugno, si calano nello struscio di Chiaia (prima tappa in piazza Trieste e Trento), sempre con quel ferro addosso. Pantaloncini corti modello pinocchietto, cappellini con visiera, pronti a fare fuoco. Sono la generazione delle stese, quelli che hanno imparato a usare le pistole sparando in aria o verso i balconi, per rimarcare il perimetro del proprio enclave criminale. Generazione stese, appunto, come l'amico di Checco Lecco che - pochi mesi fa - non ha avuto alcuna esitazione a fare fuoco tra i vicoli: un po' per uccidere e un po' per dimostrare a tutti che l'infanzia è finita, ormai la promozione è avvenuta sul campo.