Eccolo il retroscena delle apparecchiature vendute all'ombra dell'ospedale del mare. Appalti truccati, veicolati sempre agli stessi, maggiorati anche di 250mila euro. E giù emoticon con tanto di faccine sorridenti, occhi strizzati e coriandoli nelle chat di whatsapp per scandire i bei tempi di un amore proibito. Clandestino, doverosamente sotto traccia, come lei fa notare a lui, quando tra i due volano gli stracci: «Uscire assieme? Impossibile - dice lei a lui - non lo sai che non possiamo, anche se ho voglia di fare vita sociale, uscire con tutti». E lui insiste, a ricordarle una settimana tipo in casa, «fino alle tre di notte a guardare la tv, vietato uscire, neppure il sabato e la domenica». Lei non è da meno nel rinfaccio, nell'arte più antica nella storia di poveri amanti al capolinea: «E io che devo dire? Faccio un giro al Vomero, vedo le pizzerie piene, vedo tre o quattro coppie sedute al tavolo, solo noi senza nessuno». Stracci che volano alla fine di una relazione andata male, invece sono parole che rivestono rilevanza penale oggettiva, almeno a leggere la misura cautelare firmata dal gip Francesco De Falco Giannone, soprattutto quando il discorso cade sulla storia della casa. Una maledizione, per la Di Vico. Sentiamo come si accanisce contro Vincenzo Dell'Accio: «Voglio una casa dignitosa per me e per mio figlio. Non andrò in un cesso, come vorresti tu».
E lui prova ad abbozzare, ricordandole di aver pagato dei preventivi di acquisti poi saltati e il suo continuo cambio di idea. Poi offre al telefono quella che per gli uomini della Tributaria del comandante Domenico Napolitano rappresenta una sorta di conferma investigativa sugli accordi vietati dalla legge, quelli tra la «provveditora» dell'Asl e un imprenditore che macina appalti a trattativa diretta: «Come faccio a comprarti una casa con i miei assegni? Tu devi avere solo contanti. Ti ho detto: prenditi i soldi e mettiteli sotto la mattonella»; e lei: «Mi devi comprare la casa, come sempre hai detto; voglio la casa, apri un conto a mia mamma e versa, così si compra la casa, che hai paura? Volevi fottermi facendomi fare un altro debito?». Conclusione burrascosa, che sembra ancora intrisa di aspetti privati, per diventare comunque argomento centrale nella ricostruzione del giudice: «Goditi i miei soldi e vai a fare in c..., mi dispiace solo che non sono stata furba».
Volano stracci tra i due, proprio quando gli affari vanno a gonfie vele, tanto che lei minaccia di lasciare la casa di lui che le rinfaccia: «Sputi nel piatto dove hai mangiato?». E lei: «Non ho mangiato niente, hai strafogato solo tu...»; e lui ancora: «Un giorno ti manderò tutta la lista di quello che ti ho dato, sei troppo attaccata ai soldi». Il discorso cade sulle «regge» comprate e intestate, insomma a conti che non tornano. Parole cariche di veleno destinate ad entrare in un'aula di giustizia, come un ricordo scottante di un idillio durato diversi anni all'ombra di appalti e procedure «dedicate». E sono ancora le intercettazioni a svelare i commenti dei due amanti (o ex amanti) di un altro scandalo della sanità, quello relativo al caso dell'avvocato Guglielmo Manna per un appalto al Santobono. Spiega lei al compagno: «Ma quale fulmine a ciel sereno? La cosa si sapeva»; anche di Manna? «Vabbuò qua si deve mangiare», insiste lei. E allora? «Che vuoi mangiare tonno e insalata?», chiude lei con saggezza tutta femminile.
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