Questa mattina nel carcere di via Gleno a Bergamo, Moussa Sangare comparirà davanti al giudice per le indagini preliminari Raffalla Mascarino ma non è certo che ribadisca i drammatici momenti della notte tra il 29 e il 30 luglio quando a Terno d’Isola (Bergamo) ha colpito a morte Sharon Verzeni: quell’irrefrenabile impulso di uccidere, la scelta della vittima, dopo avere incrociato due quindicenni e avergli puntato il coltello.
L’ha vista, è tornato indietro l’ha pugnalata sullo sterno e poi altre tre volte alle spalle, Sharon, che «guardava le stelle e aveva le cuffiette per ascoltare la musica», gli ha chiesto perché e lui si è scusato. L’avvocato Angelo May, in vista di una perizia psichiatrica dopo la piena confessione di Sangare, che ha anche fatto ritrovare l’arma e i vestiti, che indossava quella notte, potrebbe decidere di fare avvalere il trentenne della facoltà di non rispondere, in vista di una perizia psichiatrica. Sangare è in una cella da solo e viene sorvegliato a vista nel timore possa compiere gesti autolesionistici. Ha già incontrato più volte il suo legale, che comunque non anticipa la linea. La convalida del fermo e l’emissione di una custodia cautelare sono comunque scontate.
LASCIATE SOLE
Fanno riflettere invece le parole di Awa, la sorella 24enne di Sangare, studentessa di ingegneria, che in una lunga intervista all’ “Eco di Bergamo” racconta il suo dolore e il senso di impotenza proprio perché lei si era rivolta personalmente ai servizi sociali: Sapevamo che non stava bene, ma mai avremmo potuto pensare che potesse arrivare a questo. Non doveva finire così, assolutamente no. Il nostro pensiero va a quella povera ragazza, a Sharon e alla sua famiglia, siamo molto addolorate». E ha aggiunto: «Per mio fratello nessuno si è mosso. Abbiamo fatto di tutto per liberarlo dalla dipendenza dalla droga, per affidarlo a chi potesse aiutarlo, ma lui ha sempre rifiutato. A noi, dopo aver verbalizzato le denunce, hanno dato i volantini dei centri antiviolenza mentre per un ricovero in qualche centro per fare uscire Moussa dalla dipendenz, ci hanno risposto che doveva essere lui a presentarsi in modo volontario».
OMICIDIO PREMEDITATO
E proprio la perizia potrebbe, mentre i familiari di Sharon auspicano che non venga dichiarato infermo di mente, potrebbe compromettere la contestazione della premeditazione. «È una contestazione coerente e giusta in questa fase - spiega la criminologa Roberta Bruzzone - Sangare è uscito di casa con i coltelli in cerca di qualcuno da uccidere, ha colpito e poi si è liberato dell’arma. È la capacità di volere che sembra compromessa. Penso possa essere affetto da un disturbo borderline. Indispensabile una valutazione sul profilo criminale e psichiatrico».
Intanto uno dei due testimoni chiave, Mohamed Ghannari, ha parlato a Rainews. Non aveva mai visto Sangare prima della sera dell’omicidio. Ma quando il giorno dopo ha saputo cosa era successo, insieme al suo amico, Amin Ettayeb, ha deciso di presentarsi in caserma: «Uscivamo dalla palestra e ci siamo detti che non avevamo nulla da nascondere e dovevamo raccontare. Il mio rammarico è non avere incontrato quell’uomo qualche minuto dopo, saremmo intervenuti per aiutare quella povera ragazza. Quello che dico - aggiunge, alludendo proprio alla sua scelta si collaborare con gli inquirenti - è che non bisogna prendere sempre gli stranieri di mira».
Ieri, a Terno d’Isola in via Castegnate, è stato un continuo viavai di persone che si sono soffermate sul luogo in cui è stata uccisa Sharon Verzeni. Alcuni sono arrivati anche da altri comuni. L'angolo all'altezza del civico 32, un rientro della strada a senso unico e che ospita un parcheggio di alcuni posti, è ormai diventato un piccolo altare di fiori - alcuni lasciati venerdì dal compagno Sergio Ruocco e dalla mamma di Sharon - e di lettere di vicinanza alla trentatreenne uccisa. «È la figlia di tutti noi - commenta una passante - e poteva capitare a ciascuno di noi. Non riusciamo davvero a spiegarci come sia stato possibile un fatto del genere proprio qui a Terno. Ora non c'è più paura a uscire di casa, ma probabilmente abbiamo rischiato un tutti nei giorni scorsi». Già prima del fermo di Moussa Sangare erano tanti i fiori lasciati in quella strada dove Sharon per caso ha incrociato la morte.