Ruben Razzante
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L’analisi/ La nostra vita nei telefonini e i dati da tutelare

di Ruben Razzante
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Venerdì 12 Aprile 2024, 00:25

Nel mondo digitale il concetto di proprietà si è ampiamente smaterializzato. Informazioni e competenze hanno un valore crescente  rispetto agli oggetti, il che fa pendere sempre di più la bilancia in favore dei cosiddetti fattori intangibili. In particolare ad assumere un valore crescente sono i dati. Acquisire il controllo dei dati personali (che identificano la persona) e sensibili (che ne descrivono la personalità) si traduce in potere decisionale e in vantaggio economico e porta a conquistare porzioni consistenti di mercato e di sovranità socio-politica.

Al di là dei risvolti commerciali, i dati sono veri e propri frammenti dell’io, particelle di individualità e dunque avere accesso a massicce quantità di dati significa governare le situazioni e orientarne l’evoluzione. Di qui la necessità che la disciplina della circolazione dei dati risulti sempre ispirata al rispetto dei diritti delle persone, in particolare della privacy, mettendo al centro il consenso dell’interessato come base giuridica del trattamento di quei dati.

Nei giorni scorsi il Senato ha dato il via libera a un disegno di legge che apporta modifiche al codice di procedura penale introducendo limitazioni al sequestro degli smartphone e degli altri apparecchi elettronici per ragioni di indagine, nel tentativo di porre fine alla pratica selvaggia di frugare con leggerezza e sfrontatezza in quelle miniere di dati che riassumono la quotidianità delle nostre vite. La riforma, promossa dalla maggioranza di centrodestra, prevede una doppia autorizzazione del gip e non più un decreto motivato del pubblico ministero per potere procedere prima al sequestro dei dispositivi e poi a quello delle eventuali comunicazioni in essi contenuti. La Corte Costituzionale ha peraltro qualificato i messaggi contenuti negli smartphone, nei tablet e nei pc come corrispondenza, la cui libertà e segretezza è tutelata dalla Costituzione in maniera robusta. Si parla infatti di inviolabilità. All’interno dei device non ci sono solo i contatti telefonici, le chat delle applicazioni di messaggistica e le e-mail che servono alle indagini, ma anche le foto, i video della vita privata, i dati sanitari, fiscali, bancari, talvolta anche registrazioni della sfera intima.

Acquisire in modo massivo i contenuti di un telefonino con un semplice decreto del pubblico ministero significa violare in maniera devastante la privacy non solo dell’indagato, ma anche di soggetti terzi del tutto estranei alle indagini e che, in virtù del cocktail esplosivo tra giustizia e informazione, finiscono nel tritacarne mediatico senza la possibilità di arginare lo tsunami di indiscrezioni, pettegolezzi, insinuazioni, sospetti. Se il provvedimento approvato nei giorni scorsi al Senato avrà il via libera anche dall’assemblea di Montecitorio, i dispositivi elettronici non saranno più nella completa disponibilità del pm, che oggi ne può disporre il sequestro. Sarà invece necessario un provvedimento del giudice e si dovrà poi procedere ad una selezione dei contenuti sequestrati, da svolgersi in “contraddittorio tra le parti”, per decidere cosa sia rilevante o meno ai fini processuali. L’autorità giudiziaria, in particolare, dovrà procedere mediante decreto motivato che indichi espressamente le ragioni che rendono necessario il sequestro in relazione all’oggetto delle indagini, con criteri di proporzionalità e adeguatezza. Si tratta dunque di una riforma del codice di procedura penale che muove segnatamente nella direzione di una maggiore imparzialità e di una efficace tutela dei diritti individuali e della privacy nella gestione delle indagini penali, evitando che informazioni sensibili e private vengano utilizzate impropriamente o favoriscano la gogna mediatica, con conseguenti danni alla reputazione e all'identità personale degli individui coinvolti.

L'approvazione di questa riforma legislativa rappresenta un importante passo avanti nel rafforzamento dello Stato di diritto e nella protezione dei diritti fondamentali dei cittadini. La nuova normativa mira a garantire un equilibrio tra l'esigenza di condurre indagini efficaci e il rispetto dei principi costituzionali di legalità, proporzionalità e tutela della privacy, contribuendo così a rafforzare la fiducia dei cittadini nel sistema giudiziario e nello Stato di diritto nel suo complesso. Un prezioso traguardo cui tendere con spirito unitario e senza divisioni.

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