Ferdinando Adornato
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L'analisi/ Molise, campanello d’allarme per il Pd senza centro

di Ferdinando Adornato
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Martedì 27 Giugno 2023, 00:17

Nonostante il test del Molise avesse un relativo valore statistico, sul piano politico non era così: esso metteva infatti in evidenza due “prime volte” dall’incontestabile sapore di un esame di maturità. Per il centrodestra si trattava della prima volta dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi. Per la sinistra, della prima volta di un’alleanza di “sola sinistra” fondata sull’intesa organica tra Pd e 5Stelle e, per di più, con Matteo Renzi schierato a fianco del centrodestra di Francesco Roberti. Ebbene, se la coalizione di governo esce assolutamente confortata dal voto, con una vittoria che va persino al di là delle aspettative, per Elly Schlein, al contrario, è suonato un severo campanello d’allarme, che la leader Pd farebbe bene a non sottovalutare.

Sono due i principali punti critici evidenziati dal voto. Il primo sta nella costruzione stessa del cartello elettorale. Archiviare, di fatto, lo storico concetto di centrosinistra in nome di una sinistra-sinistra priva di qualsivoglia (sia pure precario) riferimento a culture di centro non era sulla carta, e non si è mostrato nelle urne, un progetto vincente. Se questo fosse l’orizzonte che la Schlein intende perseguire nel futuro, anche sul piano politico nazionale, non è difficile immaginare la disarmante nascita di una sorta di “teorema della sconfitta”. E’ vero, il Pd può avvantaggiarsi di una sorta di cannibalizzazione dell’elettorato dei 5Stelle (cosa avvenuta in Molise) ma perderebbe di colpo il ruolo di ispiratore e di collante di una coalizione di governo, ruolo che per tanti anni quel partito era riuscito a recitare. In sostanza, si manifesterebbe una specie di auto-esclusione da ogni possibile leadership del Paese.

Il secondo punto critico riguarda proprio la natura del Pd. Non c’è dubbio che la Schlein stia imprimendo al suo partito una mutazione genetica. Da partito alfiere di un riformismo certamente contraddittorio (e sempre accompagnato da una qual certa dose di ambiguità) ma pur tuttavia saldamente ancorato alla tradizione socialista europea, sotto la guida della Schlein esso si sta trasformando in un “partito radicale di massa”. 
Ogni movimento radicale, infatti, dall’ecologismo al precariato, fino al variegato mondo Lbgtq, sta diventando il vero insediamento politico-culturale del partito.

Chiamato a far proprio un inedito link tra diritti sociali e diritti civili. Statalismo assistenziale da un lato e liberismo etico dall’altro. Fortunatamente la neo-segretaria è riuscita, per ora, a evitare la trappola di quel pacifismo astratto, contrario ad aiutare militarmente l’Ucraina, che resta l’unico vero punto di attrito con Giuseppe Conte. Ma è già evidente da tempo come, all’interno del suo partito, tale mutazione genetica stia creando diffusi malumori. 

L’area centrista cattolica e l’area liberal-riformista non possono certamente trovarsi a proprio agio nello schema del “partito radicale di massa”. Forse può essere un modello capace di avvicinare il partito a settori assai attivi della popolazione giovanile, ma sembra evidente come, nel contempo, esso sia destinato a rendere il Pd orfano di ogni credibile immagine di governo. I segnali lanciati dal Molise sono chiari. Sarebbe segno d’intelligenza tenerne conto.

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