Nel 2014 le necropoli etrusche di Tarquinia, in compagnia di Cerveteri. Nel 2013 toccò alla Macchina di Santa Rosa, inserita nella “Rete della grandi Macchine a...
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Risultato? La Tuscia ha tutte le carte in regola, forte com’è di siti e degli eventi immateriali che godono del marchio “Patrimonio dell’umanità”, per accogliere la nona edizione del World Tourism Unesco (Wtu), evento itinerante promosso per dare visibilità alle città ospitanti e al brand dell’organizzazione delle Nazioni Unite per la cultura e la scienza.
Questo è l’auspicio di dieci consiglieri comunali del capoluogo che, in formazione trasversale che unisce maggioranza e opposizione, impegnano il sindaco Giovanni Arena e la giunta ad attivarsi «presso la Regione Lazio per manifestare la propria candidatura a ospitare l’evento». La richiesta è firmata da Giacomo Barelli (proponente), Giulio Marini, Francesco Serra, Lina Delle Monache, Paolo Bianchini, Luisa Ciambella, Chiara Frontini, Massimo Erbetti, Gianmaria Santucci, Ludovica Salcini convinti che il Wtu sia un’occasione da non perdere. Sopratutto perché toccherà proprio alla Regione Lazio, nel biennio 2019/2020, scegliere una sede idonea per lo svolgimento dei lavori, orientato a discutere «di turismo responsabile – afferma l’assessore regionale Lorenza Bonaccorsi – e sostenibile».
«Finora – rilevano in coro i dieci – l’evento è stato ospitato in location di prestigio, dove la bellezza dei siti Unesco si è messa in vetrina per farsi conoscere dal vasto pubblico, abbinata a specifici momenti di contatto e confronto tra amministratori e tour operator».
I consiglieri sottolineano che la Città dei Papi «ha tutte le caratteristiche e le capacità tecnico-logistiche per ospitare l’appuntamento, poiché possiede strutture di grande prestigio internazionale (Palazzo dei Priori, Palazzo dei Papi, Palazzo Doria Pamphili di San Martino al Cimino, Villa Lante di Bagnaia), considerando che organizzare la manifestazione per due anni consecutivi porterebbe grandi benefici in termini turistici-culturali al capoluogo». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero