Viterbo zona rossa, allarme delle forze dell'ordine: «Pericolo rivolte». Gli appelli dei sindaci

Viterbo zona rossa, allarme delle forze dell'ordine: «Pericolo rivolte». Gli appelli dei sindaci
Lettere, raccolte firme, appelli: la zona rossa è indigesta alla Tuscia. In molti cercano di far sbiadire quel colore, fino a farlo diventare arancione. Ma tra una...

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Lettere, raccolte firme, appelli: la zona rossa è indigesta alla Tuscia. In molti cercano di far sbiadire quel colore, fino a farlo diventare arancione. Ma tra una sfumatura e l’altra spunta anche l’allarme: pericolo «rivolte problemi di ordine pubblico». A lanciarlo sono Fabio Conestà e Giuseppe Mancuso, rispettivamente segretario generale del Mosap (Movimento sindacale autonomo di polizia) e segretario provinciale del Nuovo sindacato carabinieri.

I due esponenti delle forze dell’ordine sono «vicini alla popolazione della Tuscia», ma temono «seri problemi di ordine pubblico». Dopo essere stati sul campo per far rispettare le norme anti Covid, si schierano dalla parte dell’arancione, perché in base ai dati «non c’è regione – dicono Conestà e Mancuso – di chiudere il nostro territorio. Un ulteriore lockdown sarebbe catastrofico per l'economia locale e potrebbe dar luogo a rivolte che comprometterebbero l’ordine e la sicurezza pubblica».

Mancuso spiega così i timori: «Viviamo in mezzo alla strada, percepiamo l’atmosfera. La gente è veramente stanca e condividiamo il pensiero degli amici del Mosap: forse per il Lazio si sarebbe potuta evitare la zona rossa». Sono stati captati gli umori, dunque. «Assolutamente sì – continua - abbiamo lavorato sul territorio per mesi e tutti gli obblighi sulla normativa anti Covid sono stati rispettati». I centri più grandi sono quelli più a rischio, «quelli che potrebbero essere di maggiore aggregazione, i più piccoli sono più controllabili dal punto di vista dell’ordine pubblico. Ma siamo sicuri che la gente sarà ligia e rispettosa delle norme, anche se mai sottovalutare il rischio. Sappiamo che l’onorevole Mauro Rotelli ha avuto un incontro con il prefetto, auspichiamo che sia produttivo e porti qualcosa di concreto anche a livello centrale».

A proposito di Rotelli: ieri annunciava che «in poche ore già oltre 110 tra sindaci, assessori e consiglieri comunali hanno sottoscritto la lettera documento, da indirizzare al prefetto, al presidente della Regione Lazio e al ministro della Salute». Intanto i sindaci di Castiglione in Teverina, Lubriano, Graffignano e Bomarzo – rispettivamente Leonardo Zannini, Valentino Gasparri, Piero Rossi e Marco Pernicioni - hanno scritto agli stessi destinatari. «Stando alle previsioni dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, nei prossimi giorni tra Viterbo e provincia è atteso un decremento dei contagi del 5 per cento rispetto all’ultima rilevazione fatta l’8 marzo». Tutto il resto del Lazio è in controtendenza: ci si aspetta il segno più ovunque.

Anche loro registrano «un malessere importante tra i nostri concittadini, che si sentono ingiustamente colpiti dopo mesi di grandi sacrifici». E citano il caso delle vicine Toscana e Umbria, dove «è prevista la possibilità di identificare zone rosse all’interno di una regione di colore diverso». Quindi la richiesta di fare una mossa analoga «appare di buon senso», mentre le misure alla luce dei dati sono ritenute «inique, vessatorie e mortificanti». Da qui le richieste: «Una valutazione più capillare degli indici di contagio per non vedere di nuovo penalizzati cittadini, studenti e attività economiche» e ovviamente inserire la Tuscia «in zona arancione».

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Il Messaggero