Sammartinese, una spoon river. Pedoni e ciclisti: ''Servono illuminazione, taglio dell'erba, autovelox veri''

Sammartinese, una spoon river. Pedoni e ciclisti: ''Servono illuminazione, taglio dell'erba, autovelox veri''
Legati con lo scotch intorno ai pali, attaccati ai tronchi degli alberi con una spilla o appoggiati sui muretti. Ai lati della Sammartinese una spoon river fatta di messaggi,...

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Legati con lo scotch intorno ai pali, attaccati ai tronchi degli alberi con una spilla o appoggiati sui muretti. Ai lati della Sammartinese una spoon river fatta di messaggi, poesie, fiori e piccoli oggetti lasciati da amici e parenti di chi ha perso la vita su questa strada. In pochi anni si sono verificati qui quattro incidenti mortali, ognuno con dinamiche diverse. L’ultima vittima si chiama Paula Gherman, 40 anni. E’ deceduta nella notte tra martedì e mercoledì. La donna camminava a piedi, poco distante dall’ospedale di Belcolle. Coinvolto uno scooter. E si torna a parlare di sicurezza.

“La strada è stata asfaltata due anni fa e da questo punto di vista la situazione è migliorata molto. Restano però situazioni critiche”, spiega Francesco, titolare Pit Stop, il bar situato poco prima di entrare a San Martino dove la domenica mattina vedi arrivare tanta gente a piedi o in sella alle bici a fare colazione o a fermarsi di una pausa. “La strada è moto trafficata dalle auto, ma ci sono anche molte persone che la usano per fare sport, soprattutto jogging. Sento che si lamentano spesso dei pericoli che incontrano. Sicuramente il problema principale è l’assenza di illuminazione, poi i marciapiedi disastrati e sporchi di erbacce. Noi qui davanti al bar diamo una pulita ogni tanto, ma è come togliere l’acqua del mare con un bicchiere”. Alcune fermate degll’autobus urbano sono ricoperte dalle sterpaglie. E poi tanti rifiuti gettati nelle cunette.

La strada è provinciale, ma attraversa il territorio comunale di Viterbo. Ma una cabina di regia, più volte auspicata, tra i due enti non si è mai formata.

“Anche io – spiega Francesco Amerigo delle Monache, della segheria che si trova attaccata a Villa Immacolata – nel tratto di strada davanti alla mia attività devo provvedere da solo a tagliare l’erba, altrimenti saremmo invasi”.

L’ex ciclista professionista Giulio Tomi conosce questa strada come le sue tasche. Si è ritirato dalle corse, ma si mantiene sempre in allentamento e la percorre spesso sulle due ruote. Domenica rientrava da una pedalata di 52 chilometri, da San Martino a Tuscania. “Le auto ti lisciano il pelo otto volte su 10. L’altro giorno per fortuna hanno tagliato i polloni alla base di alcuni alberi, ma dovrebbero farlo più speso. In quei casi sei costretti ad allargarti con il rischio di essere travolto. Per fortuna da quando non ci sono più le buche non bisogna schivare le buche, eri costretto sempre a girarti”.

“Le macchine superano quasi sempre il limite – spiega Stefano Tonnicchi, un residente di San Martino –. C’è la postazione autovelox, ma lo sanno tutti che è finta. A cosa serve così?”. E poi c’è la curva “maledetta”. “Quella prima dell’ospedale, non fanno in tempo a rifare guard rail che tempo due mesi c’è un nuovo incidente. Lì la carreggiata si stringe e d’inverno è spesso gelata, le macchine vanno via con niente. Andrebbe allargata sicuramente. O in alternativa limitato il traffico agli autobus più grandi”.

Marius è un cittadino rumeno di 60 anni, da 22 vive a San Martino. Domenica scendeva a piedi fino al Pit Stop per fare colazione con il suo setter inglese al guinzaglio. Si chiama Sancho. “Quando faccio questo tratto di strada lo tengo più stretto perché ho paura. La gente corre. Ma non solo qui. A Viterbo non mi sento sicuro neanche quando attraverso sulle strisce pedonali”.

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Il Messaggero