Immigrati reclutati davanti ai supermercati e sfruttati nei distributori Ewa: arrestati i Sanzillo

La conferenza stampa della Procura
Prelevavano ragazzi africani che chiedevano monetine davanti ai supermercati per sfruttarli nei distributori di benzina, arrestati i casertani Vincenzo Sanzillo e suo figlio...

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Prelevavano ragazzi africani che chiedevano monetine davanti ai supermercati per sfruttarli nei distributori di benzina, arrestati i casertani Vincenzo Sanzillo e suo figlio ventenne. Entrambi, ma con ruoli diversi, gestivano 8 stazioni di servizio della Ewa.

Condizioni di lavoro disumane su immigrati, arrestati due gestori di pompe di benzina Ewa

La misura cautelare, degli arresti domiciliari, è scattata venerdì scorso dopo che il gip Savina Poli ha condiviso l’impianto accusatorio della Procura di Viterbo. Le indagini sono scattate a novembre 2019 dopo un semplice controllo degli agenti della Squadra mobile. Nei riguardi del padre, Vincenzo Sanzillo già coinvolte in altre inchieste, il provvedimento è stato disposto in aggravamento della misura cautelare del divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali, applicata il 23 luglio 2020 in quanto, in qualità di presidente e legale rappresentante di una società a responsabilità limitata, ha coordinato e sovrinteso a tutte le attività della società, impartendo direttive ai collaboratori per quanto concerne la gestione dei dipendenti degli 8 distributori di carburante Ewa, dislocati in diversi comuni della provincia di Viterbo.

Il figlio, invece, avrebbe coadiuvato attivamente il padre nella sua attività imprenditoriale , con specifico riferimento alla gestione del personale impiegato nei distributori di carburante. Nel corso delle indagini gli inquirenti hanno accertato che i due avrebbero sfruttato almeno 13 dipendenti, tutti ragazzi africani, regolari sul territorio. «I lavoratori - ha spiegato il procuratore capo Paolo Auriemma - erano posti in condizione di sudditanza, di soggezioni e in condizioni di vita davvero difficili. Erano costretti a subire costrizioni e controlli serrati.

Alcuni di loro veniva alloggiati negli spazi adiacenti alle stazioni di servizio in condizioni precarie e fatiscenti, in palese violazione delle norme igienico sanitario». L’operazione, Petrol Station, è stata illustrata nel dettaglio anche dal Questore Giancarlo Sant’Elia, dal capo della Mobile Alessandro Tundo, e dal titolare del fascicolo pm Massimiliano Siddi.

«In questo periodo così difficile - ha detto - abbiamo portato alla luce una situazione di sfruttamento e degrado, gli immigrati erano gestiti nel più totale degrado. Pensiamo spesso che il caporalato si verifichi solo nei campi, ma questo lavoro dimostra che può accadere i tutti i settori». Oltre a vivere in ricoveri di fortuna i lavoratori venivano pagati 3 euro all’ora e spesso lo stipendio veniva decurtato senza validi motivi. «Erano costretti a subire - ha affermato il capo della Mobile ,Tundo - anche controlli eccessivi. Dovevano mandare foto ai gestori di loro al lavoro e delle targhe delle auto che passavano, per dimostrare la loro presenza al lavoro».

«Questa inchiesta - ha concluso Auriemma - dimostra quanto il caporalato sia all’attenzione della Procura. E il fatto che se emergono queste situazioni è perché a Viterbo il controllo delle forze di polizia è capillare».

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Il Messaggero