Allarme Confesercenti, rischiano di chiudere 3500 negozi

Allarme Confesercenti, rischiano di chiudere 3500 negozi
Ben 3500 negozi a rischio chiusura entro la fine del 2020. Il 10% di quelli attualmente attivi in tutta la provincia. Numeri che, se confermati, potrebbero innescare la crisi...

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Ben 3500 negozi a rischio chiusura entro la fine del 2020. Il 10% di quelli attualmente attivi in tutta la provincia. Numeri che, se confermati, potrebbero innescare la crisi più pesante degli ultimi 20 anni. «Come una guerra e forse peggio», spiega Vincenzo Peparello presidente di Confesercenti, per il quale non fermare il treno dei consumi natalizi resta l'unico vaccino efficace per evitare che il vortice dei fallimenti risucchi decine di altre attività.

Il 10% snocciolato dal Confesercenti è infatti solo la punta dell'iceberg rappresentando quella fascia di imprese già in difficoltà prima del Covid che ora vedono le prospettive azzerate dalla seconda ondata. «La zona di rischio non si ferma lì continua Peparello . C'è un ulteriore 10/15% che senza un sostegno rischia di arenarsi dopo il primo quadrimestre del 2021 nel momento successivo a quello che secondo gli esperti potrebbe essere il picco della pandemia». A soffrire sono in particolare i negozi di abbigliamento, calzature e accessori. «Un settore commerciale in crisi decennale colpito a morte dall'emergenza sanitaria».

E meglio non se la passano le altre aree merceologiche, strozzate dalla progressione del commercio on line: forte dei numeri e capace di stroncare la concorrenza dei negozi di prossimità obbligati, invece, a una scontistica pressoché perenne per sopravvivere e da ciò ulteriormente impoveriti. «Gli ultimi Dpcm hanno portato restrizioni per centinaia di migliaia di negozi, e anche chi può rimanere aperto soffre il crollo dei consumi innescato dalla seconda ondata. Una situazione di difficoltà aggravata dalla sperequazione di condizioni tra negozi reali e online: mentre i primi sono chiusi da Governo e Regioni, il canale delle vendite web di fatto agisce ed opera in condizioni di monopolio».

L'exit strategy è un processo di cambiamento per il quale interventi statali e sostegno del Comune rappresentano tappe importanti ma non decisive. «L'esempio più semplice, nella desolazione in cui è sceso, è quella del centro storico. Imprese e istituzioni devono ripensare il concetto di mercato. Da un anno chiediamo di discutere un piano marketing, per ora nessuno ci ha risposto». I 350mila euro messi a disposizione dall'amministrazione Arena non sono da buttare, anzi. Come importante la mossa dei commercianti che davanti alle limitazioni orarie e alle chiusure delle vie non si sono persi d'animo. «L'iniziativa di Faro Centro che propone l'orario continuato dalle 10 della mattina alle 18,30 nei feriali e fino alle 19,30 nel weekend è lodevole. Per questo abbiamo invitato i nostri associati ad aderire».
 

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Il Messaggero