Nessuna inchiesta sui pestaggi in carcere, indagati il procuratore capo Auriemma e la pm Dolce

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Chiusero gli occhi davanti ai pestaggi che avvenivano nel carcere di Viterbo, ora dovranno affrontare il gip del Tribunale di Perugia. Il procuratore capo Paolo Auriemma e la pm...

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Chiusero gli occhi davanti ai pestaggi che avvenivano nel carcere di Viterbo, ora dovranno affrontare il gip del Tribunale di Perugia. Il procuratore capo Paolo Auriemma e la pm Eliana Dolce sono indagati per rifiuto di atti d’ufficio. L’accusa e la relativa richiesta di rinvio a giudizio arrivano dal procuratore Gennaro Iannarone che ha indagato sul caso.

E’ l’8 giugno del 2018 il garante dei detenuti del Lazio Stefano Anastasia entra nel carcere di Viterbo. Incontra molti detenuti e ascolta i loro racconti. Molti di loro parlano di violenze e soprusi, mostrano i segni delle percosse su braccia e gambe. Il garante presenta un rapporto dettagliato, a cui però non segue nessun approfondimento da parte della magistratura viterbese, nonostante quel rapporto sul tavolo della Procura ci finisce eccome. Nemmeno due mesi dopo la visita nel carcere di Viterbo di Anastasia, un giovane detenuto di appena 20 anni tenta il suicidio dopo essere stato messo in isolamento.

Hassan Sharaf, questo il nome del giovane, morirà una settimana dopo in ospedale. Il suicidio fa scalpore, non solo perché è l’ennesimo caso del genere nel penitenziario ma per le modalità con cui è avvenuto. Questa volta la Procura apre un’inchiesta per istigazione al suicidio, ma poco dopo arriva la richiesta di archiviazione. Per i magistrati viterbesi non c’è reato. L’archiviazione suscita sdegno e una ferrea difesa da parte degli avvocati della famiglia del giovane egiziano che in poco tengo ottengono la riapertura del caso e l’avocazione.

La Procura generale infatti, letti gli atti dell’esposto presentato dagli avvocati Giacomo Barelli e Michele Andreano, decide di togliere le indagini a Viterbo e di portarle avanti in autonomia. Parallelamente apre un procedimento sui magistrati viterbesi. La sintesi del lavoro è nella parola “rifiuto”. Auriemma e Dolce sono accusati di rifiuto di atti di indagini datate 8 giugno 2018, prima della morte di Hassan. Quando i detenuti mostrarono i segni dei pestaggi. Segni di un malessere palese nel carcere, a cui la Procura non diede seguito.

«Auriemma - si legge nella richiesta di rinvio a giudizio - in qualità di procuratore indebitamente rifiutava l’iscrizione nel registro delle notizie di reato, disponendo l’iscrizione nel registro dei non costituenti notizie di reato, nonostante emergessero specifiche notizie di reato quantomeno per lesioni e abuso dei mezzi di correzione». La pm Eliana Dolce risponde dello stesso reato per non aver compiuto le necessarie indagini al fine di acquisire e verificare le dichiarazioni dei detenuti che avevano riferito al garante di aver subito violenze e percosse, mostrando i segni sul corpo».

L’udienza davanti al gip del Tribunale di Perugia è stata fissata per il prossimo 29 giugno.

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Il Messaggero