Mancata inchiesta per i pestaggi a Mammagialla, «procuratori indagati per equivoco processuale»

Il tribunale di Viterbo
Indagati per un «equivoco processuale». Ha pochissimi dubbi l’avvocato Filippo Dinacci che ha assunto la difesa del procuratore capo Paolo Auriemma e del...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
159,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
79,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA
ANNUALE
79,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
159,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 6 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

Indagati per un «equivoco processuale». Ha pochissimi dubbi l’avvocato Filippo Dinacci che ha assunto la difesa del procuratore capo Paolo Auriemma e del sostituto Eliana Dolce. I due magistrati sono finiti al centro di un’inchiesta per rifiuto e omissioni di atti d’ufficio, secondo l’accusa, per non aver iscritto nel registro delle notizie di reato i pestaggi e le lesioni denunciate da alcuni detenuti di Mammagialla al garante del Lazio nel 2018. Tra questi anche il giovane Hassan Sharaf. L’egiziano che dopo due mesi tentò il suicidio nella stanza dell’isolamento del carcere e morì una settimana dopo in ospedale.

Proprio questo caso fu il motore della vicenda che spinse gli avvocati dei familiari a rivolgersi alla Procura di Roma e poi a quella di Perugia. La prima ha aperto un’indagine per omicidio colposo rinviando a giudizio sei tra dipendenti del carcere e del reparto di medicina protetta; la seconda ha indagato per omissione di atti d’ufficio. Mentre a Viterbo è ancora in atto il processo per abuso dei mezzi di correzione in cui sono indagati due agenti che presero a schiaffi il giovane Hassan prima del tentativo di suicidio.

«Siamo in presenza di un equivoco processuale - spiega Dinacci del foro di Roma - che nasce dalla richiesta di archiviazione del Tribunale di Perugia e fondato su una presunta violazione dell’obbligo iscrizione nel registro delle notizie di reato. L’iscrizione nel registro è regolata da una norma complessa che la stessa riforma Cartabia ha dovuto cambiare». La richiesta di rinvio a giudizio per i due magistrati viterbesi arriva dopo che la Procura di Perugia aveva chiesto l’archiviazione del caso. Ma il gip ha deciso di procedere e il prossimo giugno i due togati compariranno in aula. Rispondono di rifiuto di atti di indagini

.La Procura di Viterbo avrebbe vagliato l'esposto e scelto di non iscrivere o meglio di iscrivere al cosiddetto modello 45, per evitare duplicazioni di procedimenti sugli stessi fatti, visto che tutti quelli descritti nel dossier del garante dei detenuti sarebbero stati già avviati. Alcuni sarebbero già in fase di udienza preliminare, altri addirittura in dibattimento. Una scelta tecnica, dettata probabilmente anche dalle indicazioni emanate nelle direttive ministeriali e della Procura Generale della Cassazione.

Durante le indagini è stato fatto un lavoro certosino di ricostruzione, andando ad analizzare ognuna delle posizioni, utilizzando vecchi fascicoli, per capire se erano stati già iscritti nel registro delle notizie di reato o meno. Sarebbe questo il motivo che avrebbe spinto la Procura di Perugia a chiedere l’archiviazione. Richiesta che non ha convinto il gip.

Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero