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Operazione “fai da te”, per comprendere le intercettazioni serve un esperto di lingua macedone. Nuovo e breve stop per il processo scaturito dall’operazione dei carabinieri del 2015.
Alla sbarra 11 indagati, tutti giovanissimi che sei anni fa furono arrestati con l’accusa di spaccio e furto. La banda degli 11 si divertiva a scassinare i self service e a spacciare droga davanti alle scuole. Attività che li vedevano impegnati nel weekend davanti alle macchinette e nei giorni lavorativi davanti alle istituti superiori e alla fermata dei bus al Riello. Sono italiani, ucraini, romani e tunisini. Il più “vecchio” non arriva a 30 anni.
La banda originaria era composta da 17 persone, tutte arrestate nel blitz dei carabinieri del 2015. Sei di loro hanno già chiuso i conti con la giustizia scegliendo riti alternativi. Erano così organizzati che i carabinieri durante il blitz scoprirono il covo della banda dove oltre alla droga nascondevano gli arnesi del mestieri: armi da scasso, nasi finti e parrucche per non essere riconosciuti dalle telecamere di sorveglianza. Gli 11 avrebbero parlato al telefono e si sarebbero scambiati centinaia di sms. Quasi cento conversazioni sarebbero state già tradotte dal rumeno all’italiano altre 81 invece sarebbero in macedone e ieri il collegio del Tribunale di Viterbo ha nominato un perito traduttore supplementare.
Secondo quanto ricostruito con servizi di appostamento e dalle immagini delle telecamere di sorveglianza, gli imputati avrebbero spacciato piccole dosi a studenti delle superiori. Molti dei quali sono stati già ascoltati in aula. Il processo riprenderà a primavera.
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