Beccato con 290 dosi di cocaina, condanna definitiva per un 33enne viterbese. Il 21 marzo del 2017 il trentenne fu fermato dalle forze dell’ordine che scoprirono tutto...
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Un appello basato essenzialmente sul mancato riconoscimento attenuanti generiche e della lieve entità.
Un ricorso che per i supremi giudici è inammissibile e manifestamente infondato. «La Corte d’appello ha spiegato le ragioni - si legge nella sentenza - per le quali ha disatteso le intentate doglianza difensive. I giudici respingono la richiesta di riconoscimento dell’ipotesi lieve attraverso motivazione congrua».
Il trentenne infatti non solo fu trovato con 290 dosi di polvere bianca ma anche con strumenti da taglio e per il confenzionamento. Materiali che per i giudici danno atto « di un preciso contesto e della la sistematicità della sua condotta di smercio». Non solo al momento della perquisizione in casa le forze dell’ordine rinvenire anche una consiste somma di denaro, ritenuta provento di spaccio.
Azioni che «non consentono di indurre a ritenere - spiegano ancora i giudici della Cassazione - una limitata potenzialità offensiva della contatto di spaccio che al momento del controllo deteneva un quantitativo di cocaina utile al confezionamento di centinaia di dosi e aveva la disponibilità di una significativa somma di denaro contante a dimostrare una verosimile recente attività di proficua vendita di stupefacenti»
La Corte conferma quindi la sentenza dell’Appello e condanna il ricorrente a 2 anni e 8 mesi di reclusione, 12mila euro di multa e al pagamento dello spese di giustizia. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero