Pestaggio in carcere a un islamico, 5 detenuti a processo per tentato omicidio

Mammagialla
​Non una rissa ma un pestaggio in piena regola. Il 29 ottobre 2016 sei detenuti del carcere di Mammagialla si avventarono contro un altro detenuto di fede islamica e lo...

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​Non una rissa ma un pestaggio in piena regola. Il 29 ottobre 2016 sei detenuti del carcere di Mammagialla si avventarono contro un altro detenuto di fede islamica e lo picchiarono fino a mandarlo in terapia intensiva. Per cinque di loro è iniziato il processo per tentato omicidio, davanti al collegio del Tribunale di Viterbo. La vittima si è costituita parte civile.

A raccontare i concitati momenti del pestaggio un agente della penitenziaria in servizio quel giorno. «Il pestaggio - ha spiegato - è durato 7 minuti. Dalle 16,50 alle 16,57. Ed è stato ripreso dalle telecamere di video sorveglianza. Le prime immagini mostrano il gruppo di detenuti che parla nella sala socialità. Non abbiamo l’audio quindi non sappiamo di cosa parlavano. Poi il gruppo è stato attratto dal passaggio della vittima. E in pochi secondi hanno iniziato ad aggredirlo. Uno gli sferra un pugno al volto, un altro arriva con un calcio e lo stende a terra. Mentre è atterra altri tre continuano a colpirlo».

Il gruppo poco dopo vede un altro detenuto, amico della vittima, e inizia ad accanirsi anche su di lui. «In questo momento il ragazzo a terra riesce a prendere il manico di una scopa e prova a difendersi ma uno degli imputati gli tira contro uno sgabello e lo colpisce al volto». Poi l’arrivo degli agenti che a fatica riescono a sedare la lite e a riportare tutti in cella. Tutti tranne la vittima che finisce prima in medicherai e poi in ospedale. Il detenuto, con una profonda lesione alla testa, fu infatti trasportato a Belcolle in prognosi riservata.

Nella rissa rimase coinvolto anche uno degli agenti di polizia penitenziaria che intervenne per ristabilire l’ordine all’interno del carcere. Si torna in aula l’8 novembre, a raccontare i fatti sarà la stessa vittima, che per l’occasione lasciare il carcere.

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Il Messaggero