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Una febbre altissima di notte? Dolori articolari? Un eritema solare? Se è vero che i medici di medicina generale sono reperibili in determinati orari, è anche vero che non si può correre al pronto soccorso per ogni puntura di spillo. Che fare allora? Semplice, c’è la continuità assistenziale. Quella garantita dalle guardie mediche tutti i giorni feriali dalle 20 alle 8 di mattina, nonché nei festivi. Ma non è tutto così lineare come sembra su carta. Perché come già stanno sperimentando migliaia di viterbesi che vivono nei piccoli comuni, anche per settimane rimasti senza assistenza dopo il pensionamento del medico di famiglia, ci sono guai in vista anche per le guardie mediche.
“Iniziano a mancare pure questi colleghi. A dimostrazione che la carenza è sempre più accentuata sui territori”, denuncia Michele Fiore, segretario del sindacato di categoria, la Fimmg.
Ma il comitato aziendale è stata l’occasione anche per fare i conti della serva alla categoria in generale. “Per la prima volta, siamo scesi sotto i 200 medici di famiglia in provincia. Fino a un anno e mezzo fa – prosegue il segretario della Fimmg – eravamo oltre 230. La situazione è piuttosto grave”. A questi numeri si aggiungono i 15 camici bianchi prossimi alla pensione. E non solo: tra i quasi 200 dottori ancora operativi una fetta che varia tra il 10 e il 20% è costituita da professionisti ultra 70enne, andati in teoria in pensione ma che hanno accettato di restare con incarichi straordinari perché altrimenti nessuno avrebbe preso in carico i rispettivi assistiti. “Ma quanto potremo andare avanti così?”, chiede polemicamente Fiore.
La stessa Asl ha certificato essere 53 le zone carenti di medici di medicina generale nel Viterbese: 17 sono gli ambulatori da coprire nel distretto A; 22 nel distretto B; 14 nel distretto C. L’ultima novità annunciata dal ministero della Salute è quella che verranno aumentati i posti dei corsi di formazione. “Ma gli effetti di vedranno non prima del 2025”, chiosa Fiore. Per almeno un triennio, insomma, i problemi sono destinati ad acuirsi.
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Il Messaggero