Mafia viterbese, parlano gli imputati: «Così Trovato voleva arrivare a Piero Camilli»

Giuseppe Trovato
​«Trovato voleva servirsi di me per arrivare a Piero Camilli». In aula la difesa degli imputati. Manuel Pecci,...

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​«Trovato voleva servirsi di me per arrivare a Piero Camilli».


In aula la difesa degli imputati. Manuel Pecci, Emanuele Erasmi e Pavel Ionel, accusati di estorsione aggravata dal metodo mafioso, raccontano la loro versione dei fatti. E gettano luce nuova su imputazioni e intenzioni.

Il primo a parlare nell’udienza fiume di ieri, davanti al collegio dei giudici, è Manuel Pecci il giovane imprenditore nel settore dell’estetica. Per l’accusa si sarebbe servito del boss di mafia viterbese per risolvere un contenzioso civile con un cliente insoddisfatto. 

«Io e Trovato - ha affermato - ci conosciamo da molti anni. La nostra frequentazione era dovuta al fatto che avevamo le attività vicine e lui spesso veniva da me. Ma non l’ho mai considerato un amico. Era sempre super educato e quando si parlava di quello che accadeva a Viterbo (gli incendi ndr) non lo riferiva mai a lui. Non avevo la minima idea che dietro tutto ci fosse la sua mano».

Le cose però per Pecci cambiano improvvisamente il 13 dicembre 2017. In 40 minuti cambia tutto. Compresa la sua vita. Pecci aveva un contenzioso aperto con un cliente insoddisfatto. «E’ stato Trovato a venire nel mio centro per portarmi a parlare con lui senza che io glielo avessi chiesto». Ad aprire gli occhi all’imputato è però il viaggio di ritorno, dopo la discussione con “l’amico cliente“.

«Quando siamo saliti in auto - ha detto ancora - le cose sono cambiate. Trovato ha iniziato a parlare di azioni violente per farlo desistere. Io lì ho capito chi avevo di fronte, l’ho assecondato per paura. Ma di fatto ho chiuso tutti i rapporti. Mi chiese un modo per arrivare a Camilli ma io non mai fatto nulla. Anzi, quando venne nel mio centro per tingersi i capelli di biondo rifiutai il trattamento».

Secondo l’imputato Trovato aveva un piano: «Voleva servirsi di me per arrivare a Piero Camilli, e dopo avermi aiutato io non potevo rifiutare».

Chi invece non ha negato di essersi rivolto a “qualcuno” per ottenere il credito vantato è Emanuele Erasmi, falegname di Bagnaia. «Da anni dovevo riscuotere 10mila euro di lavori svolti e l’imprenditore ogni volta mi liquidava in 5 secondi - ha affermato -.Ho parlato con un amico chiedendo aiuto, volevo qualcuno che mi infondesse coraggio e mi hanno presentato il “Riccio”. Un tipo forte, faceva il buttafuori».

Con l’hobby del recupero credito. «All’incontro però si è presentato anche Giuseppe Trovato che non conoscevo. Chiesi quanto volevano, ma mi dissero niente». In realtà a operazione conclusa il conto fu salato: 3mila euro per i servigi. 


Ultimo a raccontare la sua storia è il romeno Pavel Ionel, considerato il tuttofare del boss degli albanesi Ismail Rebeshi. «Inizialmente eravamo molto amici, ma poi dal 2017 ho allentato i rapporti - ha spiegato -. Sapevo dell’incendio alle auto dei due carabinieri perché me lo ha detto un maresciallo. Mi fermò mentre ero in auto. Sono stato ammanettato e accusato di aver dato fuoco alle macchine. Ma non ne sapevo nulla». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero