Archeologia, riapre l'antica città di Ferento dopo tre mesi di chiusura «grazie ai volontari»

Il teatro romano di Ferento
Dopo tre mesi di chiusura, da ieri è stato riaperto l’accesso all’area archeologica dell'antica città romana di Ferento, le cui rovine si trovano a...

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Dopo tre mesi di chiusura, da ieri è stato riaperto l’accesso all’area archeologica dell'antica città romana di Ferento, le cui rovine si trovano a circa 8 chilometri da Viterbo (bivio sulla strada Teverina). Merito dell’impegno dei volontari dell'associazione culturale Archeotuscia, che hanno curato la pulizia dell'intera zona, compreso il tratto del decumano. Ora sarà possibile visitare il sito dal lunedì al venerdì dalle ore 14 alle ore 17, nel pieno rispetto delle norme antivi Covid-19.

«Ai visitatori – spiega il presidente dell’associazione Luciano Proietti - è consentita la visita dei resti dell'antica città, in particolare l'incantevole teatro romano con il meraviglioso colonnato, i resti delle terme, quelli della domus risalente al I sec. d. C. ed è possibile percorrere il decumano liberato dalle sterpaglie. Quattro pannelli fatti apporre da Archeotuscia nel 2019 illustrano le caratteristiche dei singoli monumenti». A latere delle visite sono previste conferenze ed escursioni.

Un po’ di storia. La città era attraversata dalla via publica Ferentiensis, di collegamento tra la via Cassia e la Valle del Tevere. Il nucleo romano sorse in seguito dell’abbandono dell’abitato etrusco di Acquarossa e assunse notevole importanza specialmente durante il periodo imperiale. Gli storici Tacito e Vitruvio riferiscono che la città divenne “municipium” e che fu ascritta alla tribù Stellatina. Lo splendore arrivò in età giulio-claudia grazie all’edificazione di sontuosi edifici pubblici.

Da qui il titolo di “Civitas Splendissima”, ottenuto anche per aver dato i natali agli avi dell'imperatore Marco Salvio Otone, che regnò brevemente nel 69 d.C., nonché a Flavia Domitilla Maggiore, seconda moglie dell’imperatore Vespasiano e madre di Tito e Domiziano, a loro volta  imperatori. Dopo le invasioni barbariche divenne sede di diocesi dal VI-VII secolo. Le sue vestigia vennero tragicamente sepolte nel 1172, quando fu rasa al suolo dai Viterbesi, mettendo fine alle continue rivalità tra i due centri per il controllo del territorio.

Per le visite, info: 3287750233; 3392716872;  www.archeotuscia.com

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Il Messaggero