Estorsione mafiosa, fissato l'appello per i tre della banda di Ismail Rebeshi

Aula di tribunale
Estorsione aggravata dal metodo mafioso, gli scagnozzi di Ismail Rebeshi sperano nella Corte d’Appello. E’ stata fissata l’udienza per il secondo grado di...

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Estorsione aggravata dal metodo mafioso, gli scagnozzi di Ismail Rebeshi sperano nella Corte d’Appello. E’ stata fissata l’udienza per il secondo grado di giudizio per i tre albanesi che eseguirono gli ordini del boss mentre era recluso al 41 bis. I tre, un trentenne e due ventenni difesi dall’avvocato Samuele De Santis, sono stati già condannati dal gup di Roma a 9anni e 4 mesi di reclusione.

Nonostante lo sconto di pena per la scelta del rito abbreviato. La pubblica accusa, pm Fabrizio Tucci, aveva chiesto 10 anni per ognuno. Il secondo grado è fissato per il prossimo 19 ottobre. Nel frattempo i tre imputati continueranno la detenzione in carcere. Per questa stessa vicenda sono sotto processo anche i fratelli Rebeshi, Ismail e David, ritenuti mandante ed esecutore delle estorsioni aggravate dal metodo mafioso.

I due fratelli, assistiti dall'avvocato Roberto Afeltra, hanno scelto di procedere con rito ordinario e rinunciare a qualsiasi sconto di pena. Il processo è in atto dall’aula attrezzata del carcere di Viterbo. La vicenda nasce subito dopo l’operazione Erostrato, dei carabinieri del Nucleo investigativo, che porta in manette il sodalizio mafioso capeggiato da Ismail Rebeshi e Giuseppe Trovato. Mentre i boss sono ristretti in carcere qualcosa continua ad accadere.

Due imprenditori vengono “avvicinati” da David Rebeshi, in cella per questa vicenda, e dai suoi tre scagnozzi e chiedono soldi. Una delle vittime si rivolge alle forze dell’ordine affermando di essere sotto scacco di un gruppo di albanesi. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti gli indagati avrebbero preteso da un imprenditore 4.000 euro e da un altro 5mila. Entrambe le richieste avevano un comune denominatore: un fantomatico debito con Ismail Rebeshi. Dietro all’estorsione ci sarebbe stata la lunga mano del “boss”. Il collegamento non starebbe semplicemente nel legame di sangue tra i due fratelli Rebeshi. Le conversazioni captate dagli investigatori e la corrispondenza privata dei fratelli albanesi avrebbero svelato le intenzioni e le mosse criminali.

Per questa ragione il sostituto procuratore Tucci ritiene che il mandante sia proprio Ismail Rebeshi.

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Il Messaggero