Violenza sulle donne, l’anno oscuro: ben duecentocinquanta reati

Ylenia Cirilli primo comandante di stazione donna della provincia di Viterbo
Trenta volte è stata aperta la porta. Trenta volte è stata accesa la luce. E trenta voci diverse hanno raccontato, in una stanza piccola e accogliente, la violenza,...

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Trenta volte è stata aperta la porta. Trenta volte è stata accesa la luce. E trenta voci diverse hanno raccontato, in una stanza piccola e accogliente, la violenza, la sopraffazione e i maltrattamenti. Nell’anno più oscuro, segnato dalla pandemia mondiale, 30 donne viterbesi sono riuscite a trovare il coraggio e chiedere aiuto ai carabinieri. Sono riuscite a uscire dalla loro casa ed entrare in “una stanza tutta per sé”.

Il luogo dell’ascolto per vittime di maltrattamenti domestici realizzata all’interno della caserma provinciale dell’Arma in collaborazione con Soroptimist. «Dallo scorso anno a oggi all’interno di “Una stanza tutta per sé” sono state effettuate oltre 30 audizioni protette - spiegano in una nota Andrea Antonazzo, comandante provinciale dei carabinieri di Viterbo, Rosita Ponticiello della Camera Civile, Wanda Selva, presidente Fidapa e Giovanna Verrico presidente Soroptimist club- di donne vittime di violenza. Nello stesso periodo, i carabinieri hanno dovuto registrare un aumento dei reati di violenza contro le donne, tanto che hanno segnalato all’autorità giudiziaria 250 reati che rientrano nel concetto di violenza di genere, arrestando in flagranza di reato 22 persone e sottoponendo altre 55 persone a diverse misure cautelari (divieto di avvicinamento, arresti domiciliari, custodia cautelare in carcere).

Nel 2020 i reati legati alla violenza di genere sono sensibilmente aumentati. Ma, nonostante l’emergenza sanitaria in atto, nessuno ha mai smesso di seguire e aiutare le donne che hanno alzato una mano per chiedere aiuto. Donne che attraversano lunghi viaggi di solitudine e sofferenza prima di lasciare spazio al coraggio e scegliere di liberarsi definitivamente senza voltarsi indietro abbandonando le fasi di rifiuto, a volte di negazione, di auto-colpevolizzazione.

«La richiesta di aiuto, spesso, non è facilmente intuibile - dicono ancora - ed occorre avere gli strumenti per decodificarla e farla emergere, ciò diventa ancora più complicato in questo momento storico devastato dalla pandemia che costringe molte donne a condividere l’ambiente domestico con il maltrattante e quel luogo dove dovrebbe esserci amore, accoglienza e sicurezza si trasforma nel luogo meno sicuro, in una gabbia, in un luogo di dolore».

Tante possono essere le motivazioni che trattengono le donne in relazioni maltrattanti: mancanza di mezzi alternativi al sostegno economico, paura di ritorsioni, dipendenza affettiva, apprensione per i figli ecco perché non sono sufficienti semplici attività legislative seppur mirate ad eliminare la violazione dei diritti e delle libertà fondamentali ma occorrono strategie di intervento più efficaci e adeguate che tengano conto della necessità della donna di non sentirsi sola, di riuscire a rielaborare il proprio vissuto, dei suoi bisogni anche economici, di sentirsi al sicuro e protetta.

La risposta a queste esigenze ha visto, soprattutto negli ultimi anni, su tutto il territorio viterbese l’intensificarsi di una rete di servizi specifici per le donne vittime di violenza in primis le forze dell’ordine, i servizi sociali, la Asl e il sistema ospedaliero, i centri antiviolenza, le case rifugio ed il mondo associativo che insieme provano a costruire un percorso di aiuto e sostegno nel tempo senza lasciare vuoti.

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Il Messaggero