Covid, palestre chiuse fino a marzo: «Sei mesi fermi e pochi ristori. Il governo si ricordi di noi»

Renato Sini
«E con questo nuovo stop siamo a 6 mesi di chiusura». Nessuna polemica, solo una triste presa di coscienza e un pizzico di frustrazione per una comunicazione che...

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«E con questo nuovo stop siamo a 6 mesi di chiusura». Nessuna polemica, solo una triste presa di coscienza e un pizzico di frustrazione per una comunicazione che sarebbe potuta arrivare prima. «Perché nessuno di noi ha pensato a una riapertura a gennaio, come vedono la situazione dell’alto la vediamo anche noi qui – spiega Franco Malè, titolare della palestra Fitness Palace -. Piuttosto sarebbe servito per non dare false speranze agli iscritti».

Sulla nuova data di ripartenza fissata al 5 marzo sono in pochi a scommetterci, ma intanto c’è da fare i conti con le spese correnti e le cartelle del fisco, posticipate ma che non resteranno nei cassetti in eterno. «Spese che non è facile coprire – continua Malè -. Adesso aspettiamo che anche per noi, come è stato per altre attività, arrivi un nuovo sostegno economico. Palestre, come cinema e teatri che stanno pagando il prezzo più altro, sono entrate erroneamente in quelle categorie non essenziali, per chi vive di questo è un po’ difficile da capire».

Basta dare uno sguardo ai miliardi di euro, circa 10 che rappresentano una fetta considerevole di PIL,  che annualmente genera il mondo del fitness e tutti satelliti che ci girano intorno: dai personal trainer, agli istruttori, alle case produttrici di attrezzature sportive «che qualche parola e qualche iniziativa avrebbero potuto metterla in campo, invece di chiudersi nel silenzio», spiega Malè. Un silenzio garantito dal boom del mercato dell’home fitness, su cui le stesse aziende investono, cresciuto del 60% e che ha attutito il tonfo del 24% dei primi dieci mesi dell’anno.

«Spegnere lo sport non è mai una cosa giusta.  – spiega Renato Sini, personale trainer e pluricampione di arti marziali -. Significa tenere al palo milioni di persone al giorno». Il problema, continua Sini, è in prima istanza economico per gli imprenditori di settore ma a cascata si ripercuote sulla società: «Per alcuni è lavoro, per altri una valvola di sfogo, per altri ancora una terapia psicologica. I dati ci dicono che le misure adottate dalle palestre dopo l’estate le rendono più sicure rispetto a tanti altri luoghi, penso per esempio ai servizi di trasporto. Mettere sullo stesso livelle palestre e bus o metro è follia».

Concetti che Sini aveva già espresso nei mesi scorsi quando era stato promotore di un sit in sotto la prefettura destinato a restare caso isolato almeno per ora. «Le regole ci sono e le rispettiamo. Chiunque ha fatto o faccia sport ha questo comandamento fissato nella testa, ma non rinunceremo a far sentire la nostra voce».

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Il Messaggero