Nella Tuscia si allarga la soglia della povertà. La Caritas: «Ora sono quelli della porta accanto»

Nella Tuscia si allarga la soglia della povertà. La Caritas: «Ora sono quelli della porta accanto»
Cambia la mappa della povertà nel Viterbese: più famiglie e lavoratori tra chi è costretto a chiedere aiuto. È il quadro desolante che esce fuori dalle...

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Cambia la mappa della povertà nel Viterbese: più famiglie e lavoratori tra chi è costretto a chiedere aiuto. È il quadro desolante che esce fuori dalle parole del direttore della Caritas diocesana Luca Zoncheddu.

«Una persona su 3 che si rivolge a noi è un nuovo povero spiega Zoncheddu -, purtroppo tra loro c'è anche chi, fino a qualche anno fa, stava dall'altra parte: era cioè un benefattore che contribuiva a sostenere la macchina della Caritas con donazioni economiche o alimentari. Covid 19 ha stravolto ogni cosa».

Il risultato è la forbice tra ricchi e poveri che si allarga lungo un istmo sempre più eroso. «Non ci sono più le sfumature di grigio continua Zoncheddu - e la pandemia ha estremizzato le differenze sociali: esiste chi affronta le giornate nella necessità e chi no». Le persone che si rivolgono alla rete di parrocchie o alle squadre di volontari che fanno capo alla Caritas non si identificano più, infatti, in maniera esclusiva nelle fasce fragili o iscritte nel microcosmo della marginalità sociale, ma, sempre più spesso, appartengono a quello che fino a qualche anno fa era considerato ceto medio' somigliano cioè al vicino della porta accanto.

«Non ci sono solo disoccupati, padri e madri di famiglia che hanno perso il lavoro tra chi bussa continua Zoncheddu - e una buona parte ha un lavoro ma non riesce ad arrivare a fine mese, schiacciata dal peso delle spese alimentari, mediche, dal costo delle bollette, dal canone di affitto o dalla rata del mutuo». A chiedere aiuto sono soprattutto donne di età compresa tra i 45 e 55 anni spesso con un minore a carico. Spiega Zoncheddu: «Ci sono situazioni di madri che vivono con un lavoro precario e, magari dopo una separazione, si trovano in difficoltà per garantire prima ai figli e poi a loro stesse un'esistenza dignitosa».

Tra gli elementi che spaventano di più c'è poi l'aumento della frequenza con la quale famiglie chiedono aiuto. «Dopo il lockdown duro del 2020 la situazione non è migliorata. Anzi continua Zoncheddu - ci troviamo sempre di fronte a nuove richieste. Il rischio è quello di vedere centinaia di famiglie ostaggi della povertà». Un intrappolamento in piena regola all'interno dello stato di necessità dal quale è difficile riuscire ad uscire.

«Per fermare questo fenomeno sempre più diffuso serve cambiare atteggiamento conclude Zoncheddu - e gli strumenti di contrasto all'indigenza non possono limitarsi a misure assistenziali: non possiamo cioè limitarci a pacchi alimentari e sostegni per le utenze. Sono utili ma non risolutivi. Per questo come Caritas abbiamo potenziato collaborazioni con diverse aziende, molte del settore primario, per aiutare chi ha bisogno a trovare un impiego ed auto sostenersi. Davanti alle nuove sfide che la pandemia sta generando non possiamo dare risposte vecchie».
 

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Il Messaggero