«Per un attimo ho pensato fosse stato tutto un brutto sogno. Quando ho visto le prime persone fuori è stato come ricominciare a vivere». Ieri mattina alle 7.30...
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Fuori dal bar, quelli aperti nel centro di Viterbo si contano sulle dita di una mano, una lavagna con una scritta: ‘Si effettua solo servizio take away’. Caffè e cappuccini in bicchieri di carta, incasellati dentro un vassoio improvvisato insieme a bustine di zucchero e palette di plastica, passati oltre la porta di vetro del locale. Poi i cornetti: finiscono presto, sintomo della vita che vuole ricominciare a correre e ritrovare sapore.
«C’è stato un momento in cui si è formato un capanello poco oltre la soglia – continua Frunzescu -. Sono uscito per chiedere di rispettare la distanza di sicurezza, è stato strano e emozionante al tempo stesso». Per ora gli orari sono ridotti: dalle 7.30 alle 13. E poi: dalle 16.30 alle 19. Come Frunzescu, sei chilometri più a est, nella frazione di La Quercia, ha deciso di fare Simone Tribuzi del Mama’s. Non solo consegne ma un servizio che ha ribattezzato ‘Mama’s drive’. Il principio, lo stesso di tante catene di fast food: chiedi, ricevi in auto, metti la marcia e riparti.
«I clienti non sono stati tantissimi ma, per ora, va bene così – dice Tribuzi –. L’importante era tornare in pista: adesso serve responsabilità da parte di tutti per non tornare nel tunnel». La luce è ancora lontana. E allora, parecchi hanno deciso di aspettare: un po’ dopo aver tirato una riga orizzontale sotto una dozzina di file di numeri, un po’ perché le pareti di un bar vivono grazie alle anime che ci passano dentro. «Il bar è socialità, non riesco a pensare a una colazione consumata senza scambiare due chiacchiere o la possibilità di sedersi – dice Maurizio Ferri del Blitz -. Aspettiamo il primo giugno per ripartire, con positività e fiducia».
Nonostante tutto. Anche davanti a uno scenario disegnato da una mano incerta che spezza le righe e sfuma i contorni: «Oggi inizieremo il servizio di take away iniziando dai panini – dice Filippo Palumbo del MagnaMagna winter garden – sappiamo che sarà durissima e lunga, ma ci proveremo». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero