«Un nome irricevibile, assolutamente non di garanzia». Già membro della prima commissione in quota Pd, da ieri Martina Minchella ne è diventata...
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La prima commissione si è aperta male e si è conclusa peggio. Primo motivo di scontro, l’uscita di Valter Rinaldo Merli (Lega), che ha dato la parola a FdI «visto che la commissione è la vostra». «Le ricordo che la commissione è di tutti – ha replicato Giacomo Barelli (Forza civica) – non loro». Dopo qualche schermaglia, è arrivato il nome proposto per la presidenza: Minchella, già segretario comunale dem, poi transitata sull’altra sponda.
La minoranza non ha gradito. «E’ inaccettabile – ha detto Chiara Frontini (Viterbo 2020) appoggiare un consigliere passato da minoranza a maggioranza. La candidatura di Martina è irricevibile». Durissimo anche Barelli: «E’ uno schiaffo all’opposizione, è il nome più sbagliato perché è stata membro della prima per l’opposizione. E’ istituzionalmente poco corretto: promossa una volta passata di là. E’ di fatto un baratto, un mercimonio delle cariche. Il peggior nome possibile, un nome assolutamente non di garanzia». La difesa di Luigi Maria Buzzi (FdI): «Interventi fuori luogo, la garanzia la dà la serietà di una persona».
A risponderli dalla chat della seduta in videoconferenza è stata ancora Frontini: «Luigi, con affetto, ma sulla serietà di un partito ben collocato nell’arco costituzionale di accettare l’ex segretario di un altro partito bel collocato nell’arco costituzionale dalla parte opposta e che in quell’ambito ha chiesto il voto dei cittadini si potrebbe disquisire a lungo. Quindi non parlerei di serietà, in questa circostanza, proprio no». Da segnalare anche il «sei un poveraccio» rifilato da Sergio Insogna (Fondazione) a Barelli durante la discussione.
E la diretta interessata? Questo il suo esordio da neo presidente: «Non posso accettare ogni volta lezioni di moralità. Le motivazioni le ho già date, verrò eventualmente giudicata dagli elettori se deciderò di ricandidarmi. Il mio ruolo sarà indipendente e imparziale». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero