Viterbo celebra Mariano Buratti: educatore, partigiano, medaglia d'oro al valor militare

Il liceo "Mariano Buratti" di Viterbo
Viterbo ricorda Mariano Buratti (20 maggio, alle 17, sala regia del palazzo dei Priori) con la presentazione del volume dedicato all’”educatore, partigiano, medaglia...

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Viterbo ricorda Mariano Buratti (20 maggio, alle 17, sala regia del palazzo dei Priori) con la presentazione del volume dedicato all’”educatore, partigiano, medaglia d'oro al valor militare”, biografia scritta a quattro mani dal colonnello Gerardo Severino, già direttore del Museo storico della Guardia di Finanza di Roma, e da Enrico Fuselli. Introduzione di Enrico Mezzetti, presidente del comitato provinciale dell'Anpi, e il colonnello Andrea Pecorari, comandante provinciale della Guardia di Finanza.

Mariano Buratti nacque a Bassano Romano, 15 gennaio 1902. Compì il servizio di leva con il grado di ufficiale di complemento presso il 26º Reggimento fanteria "Bergamo". Entrato nel 1924 nella Guardia di Finanza con il grado di “sottobrigadiere” aveva continuato la sua permanenza nell'esercito intervallandola con periodi dedicati alla sua vocazione all'insegnamento. Dapprima fu insegnante presso le scuole elementari e in seguito fu professore di storia e filosofia presso il Liceo “Umberto I” di Viterbo (poi intitolato al suo nome). In seguito alle gravi tragedie che lo avevano colpito - la morte della figlia Magda, della moglie Cristina e della bambina che aveva in grembo – si era arruolato per partecipare alla guerra d'Africa.

Dopo l'8 settembre 1943, si diede alla clandestinità e organizzò una banda partigiana che operava sui monti Cimini e composta da ex militari suoi allievi. Il 13 dicembre 1943 venne catturato dai nazifascisti, sul piazzale di ponte Milvio a Roma e condotto in via Tasso, sede della polizia delle SS guidata dal maggiore Herbert Kappler, e infine a Regina Coeli. Dopo alcune settimane di detenzione e torture, insieme ad altri otto patrioti e oppositori del nazifascismo, venne fucilato al Forte Bravetta il 31 gennaio 1944.

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Il Messaggero