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Viterbo capitale europea della cultura 2033. «Un sogno», l’ha definito la sindaca Chiara Frontini lanciando la candidatura. Un sogno però del forzista Giulio Marini, che l’aveva proposta quasi tre anni fa, a gennaio 2020. E un sogno - ma nel senso che difficilmente si avvererà - anche per il dem Alvaro Ricci, secondo il quale «rischiamo di fare la fine dell’Eurovision». Come è andò ormai è storia.
LA PRIMOGENITURA
Marini ci credeva: «La candidatura - dice - l’ho lanciata io. Non mi interessa che Frontini l’abbia ripresa, sta alla sensibilità altrui ricordarlo. Magari avvenisse, ma da quando l’ho proposta io a oggi purtroppo anche a causa della pandemia abbiamo meno tempo». Il percorso è tutt’altro che facile. «Servono un progetto di città di qualità, un obiettivo di riqualificazione, investimenti economici. È il programma di un’amministrazione a lungo termine, non bastano cinque anni».
I PRECEDENTI
Ricci invece non ci crede: «Bisognerebbe attrezzarsi prima di proporre queste candidature: ho perso il conto di quante ne abbiamo fatte». Questa però è europea. «C’è da far diventare Viterbo capitale della cultura della provincia, prima. Dobbiamo con umiltà sviluppare un patrimonio culturale che pure è enorme, evitiamo di avere gli scarsi risultati già avuti in precedenza come capitale italiana, figuriamoci europea. Finché i tempi non sono maturi non esponiamoci». Poi precisa: «Non che Viterbo non meriti, ma c’è ancora tanto da lavorare». Ovvero? «La città - spiega ancora - ha il centro storico ancora aperto al traffico, è caotica, il museo è nelle condizioni in cui lo abbiamo lasciato nel 2018, per non parlare di tribunale, Castel d’Asso, Norchia, Ferento. L’Unione è da completare e se non fosse stato per la Regione Lazio, che ha messo i fondi, non so neanche se il palazzo dei Papi, il nostro simbolo, starebbe ancora in piedi». Tirando le somme, «sono queste le basi della candidatura? Qualche perplessità ce l’ho. Rischiamo di fare la fine dell’Eurovision, lavoriamo e magari riparliamone tra qualche anno».
IL REGOLAMENTO
Arrivare a dama è dura. In base al regolamento deve essere lo Stato a proporre la candidatura di Viterbo entro il 2027. Lo stesso Stato che l’ha bocciata più volte come capitale italiana. I criteri: si parla di «impatto a lungo termine, incluso lo sviluppo urbano, che si prevede il titolo possa avere a livello culturale, sociale ed economico», di «portata e qualità delle attività cui partecipano gli artisti europei, cooperazione con operatori o città di paesi diversi», di «strategia per suscitare l’interesse di un vasto pubblico europeo e internazionale», di una città che «dispone di infrastrutture adeguate e sostenibili a lungo termine». E di molto altro ancora. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero