Valentini (Unitus): «Deposito rifiuti radioattivi, i criteri sono sbagliati»

Scorie radioattive
Indesiderati eppur necessari. I potenziali siti di smaltimento di scorie radioattive, individuati dalla Sogin stanno facendo ballare politici e cittadini.  ...

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Indesiderati eppur necessari. I potenziali siti di smaltimento di scorie radioattive, individuati dalla Sogin stanno facendo ballare politici e cittadini. 


Ma c’è qualcuno che sull’argomento, e sull’impatto che tali siti potranno avere sul territorio, ha un’idea molto chiara. 
Riccardo Valentini, professore ordinario dell’Università della Tuscia e ricercatore insignito, insieme a un team di scienziati, del Premio Nobel per l’ambiente, entra nella discussione più accesa del momento.
La Sogin ha stilato un elenco con potenziali siti che potrebbero accogliere impianti di smaltimento di scorie radioattive. Ma su quali basi sono stati scelti i siti elencati nella mappa?
«Il primo punto da toccare è quello della necessità. L’Europa ci impone di trovare dei siti. E’ una scelta che dobbiamo compiere. Io ritengo che avere uno stoccaggio unico sia una delle soluzioni migliori, al contrario di quel che pensa ad esempio Greenpeace, perché avere più siti aumenterebbe la probabilità di problemi legati alla sicurezza e non solo. Ovviamente questa è una scelta che dobbiamo compiere come Paese, e che sottolineo, dobbiamo compiere».
Passiamo alla scelta dei potenziali siti.
«Io ritengo che le aree siano state individuate seguendo criteri strettamente fisici-geografici. Una scelta folle.
Non si può fare mappa basandosi solo su aspetti di questo tipo. Tralasciando gli aspetti economici e ambientali.
L’Italia vive di elementi legati al paesaggio, al turismo, alla qualità della vita e perché no alla gastronomia. 
Viviamo in un mondo globalizzato, dove il solo volo di una mosca può indurre a comportamenti e bloccare flussi turistici. Ribadisco folle non averlo considerati».
La Tuscia è nella mappa con ben 22 siti.
«Il viterbese è sotto tiro. E rientra pienamente in quello che sto dicendo. La Tuscia è un territorio a forte vocazione agricola, con eccellenze che non possono non essere considerate. Un deposito di scorie potrebbe avere un impatto devastante.
Per questo ritengo che sia doveroso aggiungere alla mappa delle caratteristiche fisico-geografiche anche una mappa che consideri le eccellenza, le economie derivanti dall’ambiente, dal turismo, dalla cultura e dalla qualità della vita. Non possiamo mettere puntini come bandiere sul territorio senza tenerne conto di questi aspetti».
No alla mappa geografica, ma ha un’alternativa?

«Partirei dal buon senso.Ci sono già dei siti in Italia dove vengono fatti i primi trattamenti di smaltimento. Mi vengono in mente quelli di Cassaccia a Roma o quello di Vercelli. Perché, allora, non utilizzare questi siti? Magari rinforzandoli, trasformandosi nei depositi che ci chiede Europa. Avremmo un impatto sui territori sicuramente minore. Le comunità dove insistono potrebbero essere già attrezzate. Quello che voglio dire è che non cantano più i parametri legati al fisico geografico. Il concetto è sbagliato. Dobbiamo investire i famosi 900milioni di euro dove già esistono siti. Non andando a intaccare territori che vivono di eccellenze legate al paesaggio e alla qualità dell’ambiente». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero