Usura, l'operazione con 13 arresti: il maxiprocesso si chiude con la prescrizione

Tribunale di Viterbo
Assolti o prescritti. Si chiude dopo oltre 10 anni il processo per usura a 15 imputati. Tutti residenti o domiciliati nel territorio di Canepina. Ieri il collegio del Tribunale ha...

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Assolti o prescritti. Si chiude dopo oltre 10 anni il processo per usura a 15 imputati. Tutti residenti o domiciliati nel territorio di Canepina. Ieri il collegio del Tribunale ha scritto la parola fine su un’inchiesta partita alla fine degli anni 2000, dopo la denuncia di un imprenditore.

Per l’accusa, i 15 accusati di usura avevano approfittato dello stato di bisogno dell’imprenditore, praticando tassi anche superiori al 4mila per cento. Ma niente di tutto questo è stato provato. Per 14 imputati ieri mattina è arrivata puntuale la prescrizione. Mentre per uno la totale assoluzione. Si tratta di Venturino Paparozzi, assistito dall’avvocato Giovanni Labate, che nel corso delle udienze non solo si è sempre dichiarato innocente ed estraneo a quanto affermato dalla presunta vittima, ma che ha anche rinunciato alla prescrizione, chiedendo un verdetto del collegio. I giudici del Tribunale lo hanno assolto con formula piena per non aver commesso il fatto.

E’ il dicembre 2010 quando scatta il blitz della Finanza: 13 arresti, nove in carcere e quattro ai domiciliari tra Viterbo, Vignanello, Canepina, Civita Castellana e Terni. Il tribunale del Riesame, a cui ricorrono tutti gli indagati, poche settimane dopo annulla le misure cautelari. Niente però ferma l’inchiesta del pm Paola Conti. Il magistrato va avanti e altre due persone vengono iscritte nel registro degli indagati.

I fatti, in contestazione, però sono ancora più datati. Secondo la denuncia presentata dall’imprenditore si tratta del 2005-2006. La presunta vittima annunciava un tentativo di suicidio per motivi economici in una lettera: soccorso dalle Fiamme gialle racconta dei guai finanziari e di prestiti, diventati una morsa troppa stretta per continuare. Secondo i calcoli delle fiamme gialle gli sarebbero stati chiesti interessi perfino del 18.000 per cento. 

«Non era una sola persona - disse la vittima in aula -, dietro quello che veniva a prendere gli assegni c’erano tutti. Se li spartivano, i soldi che gli davo». Secondo l’ipotesi accusatoria gli imputati avevano messo in piedi un’associazione a delinquere dedita all’usura. Una banda di strozzini, insomma. Ma di questo nessuna prova certa, nessuna conferma. Due anni dopo la chiusura delle indagini arrivano i rinvii a giudizio. Siamo nel 2012.

Ma il processo stenta a decollare. La prima udienza è fissata a gennaio 2019, 13 anni dopo la presunta commissione dei fatti. E tre anni più tardi con la rinuncia a molti testimoni e la riqualificazione di alcuni reati arriva anche la prescrizione, che in un attimo cancella tutto: lavoro, inchieste, pen-drive e registri contabili.

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Il Messaggero