Soldi a strozzo e minacce a ristoratori in crisi, al via il processo

Tribunale
Soldi a strozzo a imprenditori della ristorazione, parte il processo per usura ed estorsione. Ieri mattina prima udienza per il procedimento scaturito da un’inchiesta della...

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Soldi a strozzo a imprenditori della ristorazione, parte il processo per usura ed estorsione. Ieri mattina prima udienza per il procedimento scaturito da un’inchiesta della Procura e dei carabinieri del Nucleo investigativo. Gli imputati sono 3 uomini e una donna, il quinto finito nell’inchiesta ha già chiuso i conti con la giustizia patteggiando la pena, che avrebbero preteso soldi da una coppia di imprenditori viterbesi.

Le due vittime, assistite dagli avvocati Giovanni Labate e Enrico Valentini, ieri mattina si sono costituiti parte civile. Secondo quanto emerso dalle indagini del carabinieri del Nucleo investigativo, le due vittime, marito e moglie nel settore della ristorazione e del mercato ittico, dopo aver chiesto prestiti al mercato parallelo per le loro attività sono finiti nel giro di usurai spietati.

I due imprenditori - inizialmente non si sarebbero resi conto di essere finiti nella trama di estortori e usurai. Avrebbero realizzato solo al momento in cui il rapporto è mutato. Diventando particolarmente violento. Il gruppo inizialmente avrebbe messo delle quote nel capitale degli imprenditori per “aiutarli”, ma che nel giro di pochi mesi avrebbero preteso tassi di interesse fino al 250%. Per un prestito di 45mila euro, in sette giorni l’usurato ha dovuto restituire ben 60mila euro, oppure per un altro prestito di 90.000, nel giro di poche settimane è stata intimata la somma di 230mila euro. Gli usurai per recuperare le somme avrebbero utilizzato prima le minacce poi le maniere forti, arrivando anche a pestaggi e minacce di violenza sessuale. E di violenza fisica sulla figlia della coppia.

Messi alle strette da richieste sempre più pressanti e violente hanno deciso di chiedere l’aiuto dei carabinieri che in poco tempo hanno fatto scattare le misure cautelare per tutti e i membri della banda. Al termine dell’ammissione prove di ieri il difensore, avvocato Domenico Gorziglia, di uno degli imputati e dalla sua compagna ha chiesto al collegio di poter far continuare la misura cautelare degli arresti domiciliari nella stessa casa, visto che sono conviventi. Richiesta accordata. I due potranno restare agli arresti sotto lo stesso tetto. Il processo entrerà nel vivo solo alla prossima udienza quando saranno ascoltati i primi testimoni.

Si torna in aula il 29 giugno.

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Il Messaggero