A settembre riapre il Museo Civico torna visibile il Sebastiano del Piombo

A settembre riapre il Museo Civico torna visibile il Sebastiano del Piombo
VITERBO - Sebastiano del Piombo superstar. A settembre. Con i suoi due capolavori su tavola ospitati al museo Civico (La...

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VITERBO - Sebastiano del Piombo superstar. A settembre.


Con i suoi due capolavori su tavola ospitati al museo Civico (La Pietà, 1515-1516; La Flagellazione, 1535) da mettere al centro di una iniziativa, materiale e simbolica insieme, orientata alla riapertura della struttura di piazza Crispi, «scrigno di gioielli che raccontano la storia del capoluogo e conservano mirabilia artistici unici», da tempo serrata e interdetta al pubblico in quanto gravata da non pochi problemi di stabilità.



Il sindaco Leonardo Michelini chiede aiuto a Sebastiano per ridare vita al museo intitolato a Luigi Rossi Danielli, nume tutelare degli scavi che riportarono alla luce, agli inizi del Novecento, Ferento e varie necropoli etrusche. Ieri mattina, accompagnato dall’assessore alla Cultura, Giacomo Barelli, e dai tecnici dell’assessorato ai Lavori pubblici, il primo cittadino ha voluto verificare le condizioni dell’immobile e cominciare a ragionare sulle ipotesi tecnico-finanziarie che consentano di restituire ai viterbesi - ma soprattutto ai turisti - una postazione che meglio di molte altre testimonia un lascito storico-culturale millenario.



«E’ nostra ferma volontà – sottolinea Barelli – riaprire il Civico in modo permanente. La situazione strutturale non è delle migliori. Soprattutto l’ala ricostruita della Pinacoteca (crollata nel maggio 2005, ndr) ha bisogno di essere messa in sicurezza con una operazione di consolidamento che si annuncia molto costosa. L’ala che dà su piazza Crispi, invece, potrebbe ritornare a breve agibile con un intervento migliorativo più abbordabile».



Il sopralluogo è servito pure a definire i programmi di massima che l’esecutivo intende affrontare più a lungo termine. In questo senso, né il sindaco né l’assessore alla Cultura tacciono che «la struttura non può essere smembrata», pena il venir meno della visione d’insieme garantita dalle opere che punteggiano un arco cronologico che va dal VI-V secolo a.C. al XVIII secolo, cioè dagli etruschi a Domenico Corvi. Questo significa che le ipotesi messe in campo dalla precedente amministrazione (spostare la sezione archeologica alla Rocca Albornoz e il restante al ristrutturato ex mattatoio di Valle di Faul) non convincono Michelini&c. «Una cosa è certa – prorompe Barelli – la collezione Rossi Danielli deve rimanere comunque al Comune, senza traslochi di sorta». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero