Ricoverato in attesa del verdetto sul virus: «Non lo auguro a nessuno. Qui lavorano senza sosta»

Una infermiera del reparto malattie infettive di Belcolle
Il peggio è alle spalle. Daniele De Lorenzi, 43 anni di Civita Castellana Viterbo), conosciuto con il soprannome di Nasetto, ex giocatore e allenatore di rugby, ha avuto...

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Il peggio è alle spalle. Daniele De Lorenzi, 43 anni di Civita Castellana Viterbo), conosciuto con il soprannome di Nasetto, ex giocatore e allenatore di rugby, ha avuto esperienza di tante professioni lavorative. Ma in questi giorni ha vissuto cinque giorni ad altissima tensione.


Sabato scorso è stato trasferito dalla sua abitazione nel centro storico a Belcolle, a Viterbo, in ambulanza per un sospetto contagio da Covid 19. E subito ricoverato nel reparto infettivi, in isolamento. I due tamponi hanno accertato che era un soggetto negativo, colpito da una polmonite, per cui è stato poi e trasferito in altro reparto. Oggi potrebbe lasciare il nosocomio viterbese.

«Per prima cosa ha detto - voglio ringraziare i medici e gli infermieri, per la loro professionalità e dedizione al lavoro in questo momento così difficile. Ho visto solo gli occhi di queste persone, coperte da caschi e mascherine, ma nonostante questo si intuiva la loro grande disponibilità e preparazione. Lavorano senza sosta e sono riuscirmi a tenermi lontano da tanti pensieri, anche brutti. L'interfono era l'unica via di comunicazione e sono stati giorni difficili, per uno come me che non accetta quasi mai le regole».

De Lorenzi è rimasto solo in stanza a lungo. «Il silenzio ti deprime e ogni volta che qualcuno entrava per una visita o qualche altra situazione, li benedivo. C'è la televisione, ma costa troppo. Direi che il prezzo va ridotto». Il resto dei contatti erano ridotti al minimo. «Il menu per la scelta dei pasti ha spiegato - si sceglie attraverso la lettura dei fogli che ti mostrano dai vetri delle finestre dei balconi. Ma fanno bene. Si evitano tanti rischi inutili. Le precauzioni non sono mai troppe».


Anche se ha l'aria di un pacioccone, è molto arrabbiato. «Intanto voglio rassicurare chi mi conosce e dire loro che non sono mai stato in pericolo ha sottolineato - come qualcuno ha raccontato sui social. La mia partenza da Civita è stata raccontata come una scena da film di fantascienza, e questo ha fatto preoccupare i familiari. Ho letto commenti disarmanti. Non c'è stato il minimo rispetto nemmeno per i miei figli e questo è il mio più grande rammarico in questa vicenda. Comunque non auguro a nessuno di fare questa esperienza». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero