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Rapina alle Poste di Canino, arrestato il direttore di via Garibaldi. Dopo appena dieci giorni dal colpo gli inquirenti hanno dato un nome e un volto alla “banda” che il 28 novembre scorso svaligiò l’ufficio postale del piccolo centro della Maremma laziale. Bottino: 200mila euro.
Nove gli indagati, tra cui il direttore dell’ufficio postale, tutti viterbesi e tutti giovani. Tra loro anche un quarantenne tifoso della Viterbese finito in carcere su ordinanza del gip del Tribunale di Viterbo.
Sabato 28 novembre poco prima della pausa pranzo un uomo travestito da corriere entra alle Poste. Il corriere in realtà è un rapinatore che, berretto in testa e pistola alla mano, riesce in pochissimo tempo a trafugare 200mila euro. Soldi che, stando a quanto ricostruito, si sarebbe fatto consegnare dal personale dell’ufficio, in parte dalla cassaforte e in parte dello sportello Atm. Poi esce e in pochissimo tempo fa perdere le proprie tracce
Le indagini, partite immediatamente, portano prima a tre persone sospette, che avrebbero parcheggiato un’automobile rossa proprio di fronte alle Poste nel momento della rapina. Auto che poi viene inquadrata dalle telecamere di sicurezza cittadine mentre lascia Canino. Ma la perquisizione arriva a un vicolo cieco. Gli investigatori aprono un’altra pista. Controllano le telecamere, quelle della filiale, quelle della strada e quelle nel paese.
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Controllano anche gli sms scambiati dai tre. E scoprono che nella rapina c’è qualcosa che non va. Troppo semplice perfino per esperti rapinatori. E qui che capiscono che per la buona riuscita del colpo la banda deve aver trovato un infiltrato. Un uomo che dall’interno deve aver aiutato il rapinatore, fornendo preziosi consigli.
Un uomo come il direttore delle Poste svaligiate.
L’indagato viene fermato dagli investigatori con 30mila euro in contati addosso e arrivato davanti agli investigatori crolla e vuota il sacco. Racconta tutto dalla pianificazione della rapina alla riuscita del colpo. Col difensore d’ufficio decide di collaborare e in poco tempo i componenti della banda hanno nome e cognome.
Non solo, il direttore chiama i membri della banda e gli chiede un incontro. Incontro a cui si presenta con una cimice addosso. Per gli 8 viterbesi è arrivata la fine della storia. Finiscono in manette con l’accusa di rapina aggravata.
L’unico neo della storia resta il bottino.
Il colpo avrebbe fruttato ai rapinatori 200mila euro, ma di tutti questi soldi gli inquirenti hanno trovato solo i 30mila euro posseduti dal direttore delle Poste. Soldi che si sarebbe trattenuto subito per paura di rimanere a bocca asciutta. Dei 9 indagati 5 sarebbero rinchiusi in carcere. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero